Mabel Loomis Todd, la donna che liberò il genio di Emily Dickinson

Mabel Loomis Todd, la donna che liberò il genio di Emily Dickinson

Mabel Loomis Todd, la donna che liberò il genio di Emily Dickinson

Mabel Loomis Todd piombó ad Amherst, Massachusetts, col marito astronomo, nel 1881 e stravolse per sempre la famiglia più in vista e importante del paese, la “famiglia regale”  dei Dickinson: giovane ed impetuosa, si intrufolò nella loro cerchia di amici e conoscenti, nella corte degli invitati alle serate di lettura e musica, benvoluta ed ammirata per la sua cultura. Ben presto divenne l’amante di Austin, fratello di Emily, (sposato e con prole), e questo creò irreparabili divisioni nell’intera famiglia.
Mabel era donna avanti ai suoi tempi, audace e anticonformista, nuovo prototipo di donna che stava comparendo in vari angoli del vecchio e nuovo mondo, con pensieri audaci di riscatto per le donne ed uguaglianza fra i sessi. Dotata di molteplici talenti – scrittura, musica, canto – rimase folgorata dall’ascolto, in casa di Austin, di alcune poesie di Emily. Immediatamente capì di quell’insolita e fragile creatura la straordinaria singolarità.
Si innamorò di Emily, come si innamorò di Austin e mai pensò di mollare la presa sull’una e sull’altro. Tutto fece e tutto brigò per avere lui e per incontrare lei.

Ci provò e riprovò molte volte in quei cinque lunghi anni, ma fallì sempre. Ostinata, un giorno convinse Austin a farsi accompagnare a casa di Emily, per suonare e cantare per lei. Lei però non si mostrò: dal piano di sopra, cortesemente, mandò a Mabel un bicchierino di sherry e un bigliettino sul quale aveva scritto una poesia dedicata all’ospite. Fu tutto quel che Emily a lei concesse in vita.
Alla fine, ma non per merito della sua tenacia, riuscì a vederla: fu il giorno del funerale di Emily. In chiesa la bara era aperta, ed ecco, davanti a lei, cosparsa di violette, la donna che tanto l’aveva incuriosita ed affascinata. Nonostante i 56 anni di età, il suo volto si era straordinarianente mantenuto giovane.
La morte alla fine riuscì ad aprire la porta che Emily, in vita, mai le aveva aperto.

I giorni e gli anni successivi di Mabel furono dedicati, è il caso di dire consacrati, tra mille fatiche e avversità, ad uno scopo ben preciso: raccogliere, trascrivere, revisionare, pubblicare e diffondere i versi di Emily. Lavinia, la sorella che viveva con Emily, le consegnò il fascicolo di manoscritti; scrisse d’impegno a tutte le persone con cui Emily aveva intrattenuto rapporti epistolari (che svelano importanti e significative relazioni di vita), chiedendo copia  delle lettere prima che andassero disperse; riuscì nell’impresa immane di riscrivere a macchina migliaia di parole e frasi scritte con una calligrafia incomprensibile (e le macchine da scrivere a quei tempi….! terribilmente faticose da usare), centinaia e centinaia di componimenti poetici scritti da Emily su qualunque cosa le capitasse vicina: pezzetti di carta, buste e fogli sparsi, oltre a quei “libricini” che la poeta  stessa confezionava e rilegava con ago e filo,  riposti dentro ad un baule.
All’appello purtroppo mancavano tutte le lettere che Emily ricevette negli anni dai suoi corrispondenti: su suo espresso desiderio furono bruciate, subito dopo la sua morte, dalla sorella Lavinia.

Poco dopo l’arrivo ad Amherst ecco cosa scrisse di Emily in una lettera alla madre:

“Devo raccontarti di un personaggio di Amherst. E’ una signora che la gente chiama il Mito. Da quindici anni non esce di casa, tranne una volta, e fu per andare a vedere una chiesa appena eretta (la First Congregational Church, che il fratello Austin aveva progettato). Si dice che in quell’occasione sia sgusciata di casa la sera e che tutto sia avvenuto al chiarore della luna. Nessuno di quelli che vanno a trovare sua madre o sua sorella è mai riuscito a vederla; solo ai bambini, di tanto in tanto, e uno alla volta, dà il permesso di entrare nella sua stanza. Veste unicamente di bianco e dicono abbia un cervello come un diamante. Scrive molto bene, ma non si lascia vedere da nessuno, mai. Sua sorella, che ho incontrato a casa di Sue Dickinson, mi ha invitato a casa loro, perché cantassi per sua madre. La gente dice che il Mito mi sentirà cantare, non perderà una nota, ma non si lascerà vedere”.

(foto: Il fratello di Emily Dickinson, Austin, e la sorella Lavinia)

Dopo la morte di Emily, la sua eredità poetica, riconosciuta all’istante con assoluto e incondizionato convincimento da Mabel, fu al centro di dispute infinite, conflitti e divisioni famigliari che, proprio la sua indomita presenza e insistente caparbietà nel perseguire lo scopo che si era prefissa, crearono ed accentuarono enormemente.

Un libro recente, scritto con grande cura e dovizia di particolari, inediti e clamorosi, dà conto delle ragioni di una vita, quella di Emily Dickinson, rimasta a lungo incomprensibile ai più.
Il libro è una straordinaria biografia che indaga le vite anche di chi a lei ha vissuto accanto, influenzandone l’esistenza e la scrittura.
Il meraviglioso racconto  di una famiglia vittoriana, e di una donna anticonformista e appassionata, che ha superato i suoi tempi, e che ogni generazione a venire troverà sempre avanti di un passo.
E lo stesso si può dire della vita di Mabel Loomis Todd: la donna che dedicò gran parte della sua esistenza a rivelare al mondo il genio di Emily.
Riuscendoci. (Rossella Marzocchi)

(“Come un fucile carico” di Lindall Gordon – con superba prefazione di Nadia Fusini, una delle maggiori studiose ed empatica indagatrice di Emily Dickinson)

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