Lucy che correva nelle praterie e le altre donne dietro al tram che si chiama desiderio.
Voglio raccontarvi tre storie. Tre storie di tre primedonne.
Una è quella di Lucy, la prima donna in assoluto, anzi, il primo scheletro di australopiteco donna che ci pervenne nel 1974 da scavi effettuati in Etiopia. Ma dopo averlo studiato alle elementari chi di noi ci ha più pensato? Lucy, dal fondo dei suoi 3,2 milioni di anni però ci parla ancora. Si è recentemente scoperto infatti che questa australopitechina di meno di un metro e mezzo, che si pensava fosse “solo” bipede, dai recenti ritrovamenti di alcune sue ossa mancanti del piede, non solo poteva camminare, ma probabilmente correre. Poteva correre perché aveva l’arco plantare. La prima donna davvero eretta altro che Homo Erectus. Io me la vedo la Lucy che scorrazza tra alberi e campi.
Ma allora mi chiedo: perché noi donne fino al 1967 non abbiamo potuto ufficialmente correre in una maratona per esempio? Chi di noi oggi all’ora di pranzo, se può, non s’infila tuta o leggins e si fa una camminata o una corsetta sul runner? Chi di noi addirittura non corre proprio, come svago o per atletismo, per staccare dal quotidiano, per mettersi alla prova o anche solo per il piacere di muoversi in libertà? Quante donne in Italia e nel Mondo praticano podismo amatoriale o hanno fatto una mezza maratona? Se non una tutta intera? E quante, tra chi non l’ha fatto, lo desidererebbe? Correre e correre, proprio come Lucy? Tantissime adorano e praticano la corsa. Quella corsa grazie alla quale, da recenti studi, ci siamo evoluti come genere umano, abbiamo modificato la forma della colonna vertebrale rendendola elastica grazie alla formazione delle sue curve (prima era rettilinea), cambiato la forma del cranio, del bacino, delle spalle e degli arti. Il tutto per correre. Correre meglio. Cosa c’è di più naturale della corsa dunque?
Pare perciò incredibile, ma purtroppo non lo è affatto, che la prima donna che ha corso la maratona lo abbia potuto fare solo nel 1967 e che per farlo si sia resa, come sovente ci tocca fare nelle grandi battaglie, ‘clandestina’. Si sia illecitamente iscritta a una gara che era solo maschile! Come? Registrandosi come “K.V. Switzer”, cioè senza scrivere il suo nome per intero, Katrine Switzer e così gareggiando con il numero 261.
Nel 1967 si faceva credere (dopo che eravamo state mondine o operaie alla catena di montaggio per 14 ore di seguito e dopo aver lavorato nelle miniere come gli uomini, sia da adulte che da bambine) che le donne fossero troppo deboli per correre la maratona, la corsa di resistenza più dura. Beh, Filippide ci ha lasciato le penne è vero, ma non si era allenato, aveva improvvisato per necessità! La Switzer invece si era allenata duramente per non fallire e dimostrare che anche le donne erano in grado di farla.
Ma vi prego, prima di continuare, guardate le espressioni facciali degli uomini che cercano di fermarla! Senza fare la psicologa alla “Lie to me”, direi che sono così chiaramente leggibili. E un po’ spaventose, almeno per me, nella loro violenza e determinazione a fermarci. Non vi ricorda nessuna immagine famosa? Quella delle suffragette arrestate per esempio? La storia si ripete. Sempre. Per fortuna ci sono donne come loro. Sempre.
Alle prime Olimpiadi, in Grecia nel 776 a.c., gli uomini gareggiavano nudi e le donne, il cui raggio di azione naturale si collocava solo nel privato, non potevano neppure assistere. Ma ce ne fu una, Callipatera, che nel 404 a.c, come nostro solito clandestinamente, s’intrufolò di nascosto per vedere il figlio. Callipatera, si travestì abilmente da allenatore ed entrò allo Stadio, ma nel saltare il recinto entro il quale stavano quei rispettatissimi personaggi s’ impigliò la veste e si scoprì quale era il suo vero sesso. Non posso non pensare al film “Offside” con cui Jafar Panahi, ha vinto nel 2006 l’Orso d’Argento al Festival di Berlino! Dovete vederlo! Callipatera alla fine fu cacciata, proprio come le donne iraniane, ma non punita, perché per fortuna il figlio Pisidoro vinse. Da allora i Greci imposero che anche gli allenatori alle Olimpiadi avrebbero dovuto stare a bordo campo nudi. Cosa non si fa e si faceva per non farci partecipare alla vita pubblica! (Che ridere! V’immaginate il calcio oggi? Forse meglio di no, va là!) Nonostante i pregiudizi però, le donne riuscirono a partecipare alla Olimpiade a Parigi nel 1900 (anche se in modo non ufficiale) in gare di tennis, croquet, vela e golf. Sport dove potevi stare ben coperta, anzi nascosta, e soprattutto super scomoda!!
D’altronde vorrei dirvi, senza polemica ma a onor di cronaca, che ci sono ANCORA OGGI siti in cui si legge: esistono altre voci che reclamano l’abolizione completa delle “discriminazioni di genere” nelle competizioni, pretendendo che maschi e femmine competano nelle stesse gare, eliminando ogni distinzione di sesso tra i concorrenti. Una tale idea per il momento non sembra riscuotere molti consensi, poiché i fatti mostrano l’assurdità di una tale pretesa; in effetti, la donna migliore nella maratona è ancora 12 minuti dietro al miglior atleta maschio; esiste sempre più di un secondo che separa uomini e donne nella corsa dei 100 metri e più di un metro nel salto lungo. Siamo sicuri che bisogna sopprimere ogni differenza? Siamo sicuri che questa soppressione sarebbe progresso per le donne? Per gli uomini? Per i rapporti tra di loro?* (se non volete indignarvi non andate a leggerlo comunque, è assolutamente inutile e pieno di informazioni tendenti solo alla manipolazione dell’informazione stessa).
Le donne intanto, come al solito nell’ombra, si preparavano a quello che la nostra primadonna K.S. avrebbe fatto. Alla sfida all’autorità che ne sarebbe venuta. Infatti già altre le preparavano la strada: nel 1918 Marie-Louise Ledru correva la distanza in 5:40 e al Tour de Paris Marathon del 1918 Violet Piercy , britannica, lo faceva in 3:40:22 (durante un tentativo su di un percorso che misurava però SOLO 35.4 km). Il tutto mai come sport, mai ufficializzato, ma solo come ‘esibizione’, tentativo, partecipazione parallela. Nel 1908 a Londra le donne partecipano anche al tiro con l’arco, pattinaggio, vela, tennis e gare con imbarcazioni a motore. Sempre coperte come delle pannocchie! Perché, diciamocelo, il problema è sempre stato questo. La nudità, altro che la fatica o la scarsa massa muscolare, che quando invece bisognava spostare nelle campagne o in guerra grandi carichi il problema non c’era più. Veh, che strano! Il sollevamento pesi femminile viene introdotto a Sydney solo nel 2000… ma nella storia a me pare molto prima (v. foto)!
Dopo “l’uragano” Katrine, nel 1971 le donne erano state ammesse nella maratona di New York, e l’anno dopo il regolamento della maratona di Boston fu modificato per permettere anche alle donne di competere. Oggi una donna ben allenata lo fa tranquillamente. Eppure nel 1967 assistiamo ancora a queste scene, ci credete?… quando Lucy, 3,2 milioni di anni fa, scorrazzava nuda per le praterie. La Switzer gareggiò in più di trenta maratone, vinse la maratona di New York del 1974, e tutta la vita sì impegnò per favorire la partecipazione delle donne alle maratone in tanti paesi del mondo. Riuscì a completare la corsa in 4 h e 20 m.
Vangare per ore non era per niente faticoso; e per trasportare covoni sotto 40 gradi non serviva massa muscolare, né resistenza… giusto?!? Eppure la maratona femminile divenne olimpica solo 1984.
Grazie Katrine, Grazie Callipatera, Grazie Lucy, so che ci sentite.
Ah! a proposito…. oggi le donne corrono la maratona in 2h, 15 min e 25 sec. E arrivando col sorriso anche!
E non solo, la giapponese Tomoe Abe corre la Ultramaratona di 100 km in 6h33’11” (solo 20 minuti in meno del record maschile). Direi che ho detto tutto. Ah no… E intanto stiriamo, cuciniamo, partoriamo e lavoriamo. Perché per fare tutto questo, insieme, non è necessaria una certa resistenza, vero?!? (R.F.)
NOTE
1. GUARDATE IL VIDEO!!https://www.youtube.com/watch?v=fOGXvBAmTsY
2. The Boston Marathon will retire Bib No. 261 in honor of Kathrine Switzer. http://bos.gl/QNsQZaW
3. http://www.laici.va/content/laici/it/sezioni/donna/notizie/le-donne-alle-olimpiadi.html (© Copyright 2011-2015 Pontificio Consiglio per i Laici)
4. Nella foto 3 la tennista inglese Charlotte Reinagle Cooper (1870 – 1966) è stata la prima campionessa olimpica: nel 1900 a Parigi Cooper vinse il torneo individuale di tennis, a cui aggiunse la vittoria nel doppio misto, in coppia con Reginald Doherty. Da notare la maschilizzazione dell’abito con introduzione della cravatta!
5. Foto 6 Trasporto dei covoni di riso mietuto effettuato da donne (Guidi Maria e Carletti Maria); lavoro generalmente effettuato da uomini, forse mancanti perché in guerra. Ma guarda, di necessità virtu’!!