Gerda Taro, una reporter senza paura

GERDA TARO, UNA REPORTER SENZA PAURA

Gerda Taro, una grande figura femminile di cui sicuramente pochi conoscono l’esistenza. Nata a Stoccarda nel 1910, da genitori ebrei di origine polacca, e morta nel 1937 all’età di soli 27 anni schiacciata da un carro armato.

Tuttavia, a lei dobbiamo memorabili reportages fotografici da teatri di guerra che riempiono la nostra memoria.

Il problema è che molti attribuiranno quei reportages ad un fotografo assai noto, Robert Capa, anche se altri non era che la stessa Gerda insieme al compagno Friedman.

Mentre la storia ha tributato grande fama a quest’ultimo, raramente si ricorda che Gerda seguì gli sviluppi della guerra civile spagnola, schierandosi da subito a favore della repubblica e incitando lei stessa i combattenti all’attacco; memorabile è il reportage della battaglia di Brunete, in cui i selvaggi bombardamenti del contrattacco franchista vengono immortalati in scatti spettacolari (pubblicati dai periodici ‘Regards‘ e ‘Vu‘) che testimoniano la grande professionalità e l’ardore della giovane fotografa.

E’ proprio al ritorno dal fronte di Brunete che Gerda perde la vita a causa di un incidente terribile. Viaggia aggrappata al predellino di una vettura militare colma di feriti, quando l’urto di un carro armato la getta sotto i cingoli, provocandole lo schiacciamento e sventramento dello stomaco. Gerda non perde conoscenza e durante il trasporto all’ospedale, che dura ore, si mantiene le viscere in sede con la pressione delle sue stesse mani, informandosi di tanto in tanto sulla sorte dei suoi apparecchi fotografici.

A nulla valgono i tentativi dei medici delle brigate internazionali di operarla (senza anestesia e antibiotici) , le ferite sono devastanti e Gerda viene affidata alla veglia di una infermiera in attesa della morte. Si spegne all’alba del 26 luglio, ancora cosciente … semplicemente chiudendo gli occhi.

La sua tomba giace dimenticata nel cimitero del Père Lachaise, sotto il monumento funebre scolpito da Alberto Giacometti; nel ’42 viene violata dal regime collaborazionista francese che censura l’epitaffio cancellandolo (non verrà mai restaurato) e nel ’53 viene modificata nella sua accessibilità con lo spostamento del vialetto sul lato posteriore, dimodochè la tomba dia le spalle ai visitatori.

Perché una coraggiosa reporter al fronte, che rifornisce di immagini spettacolari le principali riviste dell’epoca, che  è ammirata dalle milizie antifasciste per la determinazione con cui mette a repentaglio la vita nel realizzare i suoi servizi, che è dotata di un magnetismo e un temperamento che la collocano ‘oltre’ la sua epoca, viene ricordata esclusivamente come la compagna di Robert Capa??? Perché la sua memoria negli anni a venire è sbiadita fino a scomparire dietro la celebre figura di lui??

La domanda tristemente retorica ammette una via di riscatto: l’attenzione.

Un’attenzione che deve essere sinonimo di studio, di lettura (per chi fosse interessata/o cito alcuni dei libri a lei dedicati: Irme Schaber, Gerda Taro.Una fotografa rivoluzionaria nella guerra civile spagnola, Ed. DeriveApprodi, 2007 – Helena Janeczek, La ragazza con la Leica,  Ed. Guanda, 2017) di impegno nella divulgazione della breve esistenza di questa grande donna, affinché tutti e tutte possano apprezzare uno dei personaggi più enigmatici della storia della fotografia. “Perché veramente ogni errore umano, poetico, spirituale, non è, in essenza, se non disattenzione” (Rossana Campo). (P.M.)

Torna in alto