Zhu Xiao-Mei: la via del Tao al pianoforte

Zhu Xiao-Mei: la via del Tao al pianoforte

Zhu Xiao-Mei: la via del Tao al pianoforte

Se per Woody Allen le 10 cose per cui vale la pena vivere sono: il vecchio Groucho Marx per dirne una, Joe DiMaggio, il secondo movimento della sinfonia Jupiter, Louis Armstrong, l’incisione di Potato Head Blues, i film svedesi naturalmente, L’educazione sentimentale di Flaubert, Marlon Brando, Frank Sinatra, le mele e pere dipinte da Cézanne e i granchi da Sam Wo, per Zhu Xiao-Mei è una cosa sola: Bach. Pochi giorni fa ho finito di leggere Il pianoforte segreto, l’autobiografia di Zhu Xiao-Mei (Bollati Boringhieri, 2018), pianista cinese, famosa per le sue interpretazioni delle Variazioni Goldberg di Bach. È una biografia che la musicista ha voluto scrivere come dolorosa confessione, un libro scritto per fare ammenda del dolore che lei stessa ha causato a tante persone negli anni della grande Rivoluzione di Mao Tse-Tung. Mao è stato l’uomo che ha cambiato il volto della Cina e ha cambiato la vita di Xiao-Mei in modo indelebile.

L’ho letto d’un fiato, annichilita dalla forza del terrore di un regime che, quando ero bambina, a casa mia veniva inteso come “una rivoluzione buona”. Mio padre ha ancora i libri di Mao nella sua libreria, nei prossimi giorni mi sono ripromessa di fargli trovare anche questo. “La Rivoluzione culturale mi ha sporcato, mi ha reso complice. A un certo punto ha ucciso in me ogni senso morale. Ho criticato i miei simili, li ho disprezzati, accusati di gravi colpe, ho indagato sul loro passato, ho preso parte attivamente a un processo di distruzione collettiva. Come cancellare questa macchia?” Tenta di farlo così Xiao-Mei, parlando di sé e della sua vita, lacerata dal senso di colpa di non essere riuscita a salvarsi dal plagio collettivo. E lo fa, vi assicuro, con schiettezza ed empatia. Con estrema umiltà. Zhu Xiao-Mei, tuttora in vita, è nata a Shanghai, nel 1949, da una famiglia considerata di “cattive origini” perché formata da intellettuali e musicisti. Verrà internata in diversi campi di rieducazione istituiti dal governo di Mao. L’unica nota, nel vero senso della parola, che le salverà la vita e le darà la forza di lottare, sarà la musica. Zhu Xiao-Mei inizia a suonare a sei anni. Cresce innamorata del pianoforte che i suoi avevano comprato per “arredare” la loro casa troppo vuota: nessuno avrebbe mai immaginato che quel gesto, determinato da sole ragioni estetiche, avrebbe dato vita nella figlioletta a una passione destinata a segnare tutta la sua esistenza, a durare per sempre e a salvarle l’anima.

Ma, quando Xiao-Mei, a dieci anni, giunge al conservatorio il suo futuro da pianista sembra ormai avviato. I suoi studi vengono però interrotti dalla cosiddetta Rivoluzione culturale. «La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un’opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un’insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un’altra». Parole di Mao Tse-Tung, che sale al potere al termine della guerra civile dove a vincere sono le forze comuniste: è la nascita della Repubblica Popolare Cinese, il 1º ottobre del 1949. Tse-Tung non aveva dubbi: anche la Cina avrebbe avuto la «propria» rivoluzione comunista. Ma non come quella russa guidata dagli operai.

Questa sarebbe stata la rivoluzione della classe contadina. Mao dà il via a una campagna di collettivizzazione delle terre fino ad allora proprietà di pochi che affittavano i propri campi ai contadini poveri costretti a lavorare per loro. Per sovvertire la situazione, “il grande timoniere” sceglie una linea drastica e rapida: dagli espropri forzati ai danni di grandi e piccoli proprietari terrieri a una dittatura conclamata che andrà ben oltre la sottrazione delle terre. Solo dopo un anno si abbatterà sulla Cina una devastante carestia, conseguenza delle sue folli scelte economiche e agricole.

Mao creerà sì una Cina unificata e libera dalla dominazione straniera, ma sarà anche responsabile dell’intervento cinese in Corea, dell’invasione del Tibet e del conflitto sino-indiano. Il «grande balzo in avanti» voluto dal leader per trasformare il Paese da agricolo a industriale, costerà al popolo tra i 13 e i 46 milioni di morti. E sarà ricordato per l’uso della repressione, dei lavori forzati (laogai) e della violenza incondizionata. Le sue scelte economiche alterano l’equilibrio naturale dell’ambiente, provocando la morte di decine di milioni di persone, oltre allo sterminio di quasi tutti gli uccelli, rei di essere dei “parassiti borghesi” perché si cibavano dei cereali coltivati nei campi. Un disastro epocale che spinge Mao a rivolgersi direttamente alle masse, invitandole a portare avanti una Rivoluzione culturale dal basso: una chiamata alle armi diretta ai giovani e giovanissimi, destinata a far cambiare per sempre la mentalità al popolo cinese, estirpando alla radice e distruggendo e nullificando tutte le tradizioni che lo avevano guidato fino ad allora.

Non esaltare i più capaci

fa sì che il popolo non contenda,

non pregiare i beni che con difficoltà s’ottengono

fa sì che il popolo non diventi ladro,

non ostentare ciò che può desiderarsi

fa sì che il cuore del popolo non si turbi.

(Tao te ching- Lao tzu)

Zhu Xiao-Mei viene travolta da questa ondata di follia. Durante la famigerata Rivoluzione culturale, le inclinazioni artistiche venivano considerate al pari di pericolose devianze e punite come orribili reati. Quando XiaoMei viene ammessa al Conservatorio di Pechino non ha il tempo per gioirne: le nuove leggi imposte da Mao non solo proibiscono la musica occidentale ma puniscono qualsiasi lettura che non sia Il libretto rosso. Xiao-mei confessa di aver letto Anna Karenina e di amare la letteratura considerata “decadente” e “borghese”. E’ costretta alla pubblica autocritica. “Colpirne uno, per educarne cento”, diceva Mao. Quest’atto segnerà per sempre il suo futuro e l’inizio della propria rinnegazione. “Quelli come lei” in Cina erano derisi, isolati, denunciati, imprigionati e deportati. Gli studenti e i professori che venivano scoperti venivano immediatamente incriminati e i loro spartiti, libri o dischi bruciati. “Una leggera scia di fumi si alza verso il cielo. Bach, Mozart e Beethoven prendono il volo”, scrive Xiao-Mei. Moltissimi intellettuali in questo periodo decidono di togliersi la vita piuttosto che rinnegare la musica, la letteratura, l’arte. Mao, trasforma il Conservatorio di Pechino da un luogo in cui si suona Mozart a un inferno in cui regnano delazioni e vendette, terrore e umiliazione. Xiao-Mei è ancora piccola e diventa parte del regime fino ad esserne una convinta sostenitrice. Forse solo chi ha vissuto il fascismo in Italia in prima persona può comprendere davvero le sue parole. Per questo dobbiamo leggerle, oggi più che mai… “Ogni sabato mattina partecipiamo a una seduta di autocritica e denuncia. Il principio è semplice: i nostri pensieri non appartengono solo a noi, ma anche al Partito. Dobbiamo confessarli, anche i più intimi, e sottometterci al suo giudizio, perché solo il Partito sa cosa è bene e cosa è male, cosa è vero e cosa è falso. Solo così potrà risolvere le contraddizioni del popolo.” La Rivoluzione la rende pronta a calpestare i suoi affetti più importanti e a denunciare amici e compagni che amava.

Il conservatorio alla fine verrà chiuso e Xiao-Mei viene internata in quattro differenti laogai. Un giorno però, pur rischiando la vita, riesce a farsi spedire dalla madre, camuffato da credenza, il vecchio pianoforte. È davvero mal ridotto, gli mancano delle corde, ma per lei è come l’aria. Nel suo cuore, la bellezza, l’armonia e l’amore fanno nuovamente capolino. Una parte di lei, che credeva estinta, riaffiora. È la sua salvezza. Ai guardiani dice che sta suonando gli Yan Bang Xi, le canzoni della rivoluzione, e loro non sanno distinguerle dal Concerto n. 2 di Rachmaninov (!). In mezzo a quell’Oceano di Bruttezza lei celebra la pura Bellezza di note eterne, e in condizioni estreme… perché lo è certamente suonare Chopin in uno spazio che era una cella frigorifera e che lei scalda rubando il carbone…

Chiudo gli occhi, come fa lei quando suona, e la ascolto:

https://www.youtube.com/watch?v=Cq2EtAK38xk&list=PLfdMKJMGPPtzyg-Q-3uFRaj2P7Kija7m_

Il Pianoforte segreto è un libro che parla di una generazione, di un intero popolo. Zhu Xiao-Mei non si nasconde, non prova neppure a giustificarsi. Non ha scuse ai suoi stessi occhi. “ I giovani, fin da piccolissimi, vengono sottoposti a veri e propri lavaggi del cervello quotidiani e costanti.” Questa ideologia uccideva prima di tutto le anime dei giovani, cresciuti credendo e sperando nella Rivoluzione dei contadini. Questa politica così dilagante riesce ad infiltrarsi talmente nelle giovani menti da annullare del tutto la libertà e la scelta. Le parole del racconto di Zhu Xiao-Mei sono limpide come l’acqua e affilate come rasoi. Pronunciate per dimostrarci come sia facile essere ingannati da un’ ideologia. Lei, carnefice e superstite di un’ immensa menzogna travestita da rivoluzione per il popolo. Ci parla con dolore immenso, con rimorso, pentimento e rimpianto. Ma Zhu Xiao-Mei non si dipinge mai come una vittima, mai. Nelle sue parole c’è un’estrema forza e una chiara consapevolezza di ciò che è reale e irreale, ciò che è stato giusto e sbagliato.

Il sommo bene è come l’acqua: l’acqua ben giova alle creature e non contende, resta nel posto che gli uomini disdegnano. Per questo è quasi simile al Tao. Nel ristare si adatta al terreno, nel volere s’adatta all’abisso, nel donare s’adatta alla carità, nel dire s’adatta alla sincerità, nel correggere s’adatta all’ordine, nel servire s’adatta alla capacità, nel muoversi s’adatta alle stagioni. Proprio perché non contende non viene trovata in colpa.” (Tao te ching – Lao Tzu)

Nel 1980, Xiao-Mei riuscirà a lasciare la Cina per Hong Kong e andare poi negli Stati Uniti, dove, prima di riprendere gli studi di pianoforte, si guadagnerà da vivere pulendo le case come “domestica”. Ora vive a Parigi ed è considerata una delle più grandi interpreti di Bach. Quando suona chiude gli occhi. Chissà dove va la sua mente, dove volano i suoi pensieri. Ma il suo volto è sereno e la sua espressione ha l’intensità delle più alte forme di meditazione.

Oggi Xiao-Mei ha 71 anni e insegna al Conservatoire National Supérieur de Musique et de Danse di Parigi, ed è tra i maggiori interpreti delle Variazioni Goldberg di Bach. L’artista Xiao- Mei appare in pubblico solo per eseguire lavori particolarmente impegnativi, che lei stessa definisce “montagne dell’anima”, e le cui interpretazioni sono maturate attraverso un approfondito lavoro di analisi e studio.

Ultimo, ma non meno importante: i laogai, il cui termine significa letteralmente “rieducazione attraverso il lavoro”, sono campi di lavoro forzato che, secondo un’indagine del 2008 della Laogai Research Foundation, sono tuttora presenti nella Repubblica Popolare Cinese. Se ne contano ancora 1.422. Il governo cinese pone su questi luoghi il segreto di Stato ma Amnesty International e Human Rights Watch stimano che vi siano state segregate decine di milioni di persone, detenute senza passare per un processo.

https://www.youtube.com/watch?v=g7R5Q6SiKBA

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