Bricktop, la Regina delle notti di Parigi negli Anni Ruggenti

Bricktop, la Regina delle notti di Parigi negli Anni Ruggenti

Bricktop, la regina delle notti di Parigi negli Anni Ruggenti

“Miss Otis regrets / she’s unable to lunch today / And she’s sorry to be delayed”. (Miss Otis si dispiace/ lei non può pranzare oggi/ Ed è dispiaciuta di dover rinviare).  Questi sono i primi versi di una canzone meravigliosa, che ricordiamo di solito interpretata dalla voce di velluto della magnifica Ella Fitzgerald.

È una canzone che parla di una donna ricca il cui amante l’abbandona, lei lo rintraccia, estrae una pistola dal suo abito di velluto e gli spara. Alla fine, viene impiccata per questo.  Pochissime persone la eseguono correttamente, nella mia esibizione, mi inchino alla fine, sollevo la mia mano facendo un movimento sul collo per suggerire un linciaggio”. A pronunciare queste parole non fu però Ella Fitzgerald, ma Ada Smith, la donna per cui Cole Porter, nel 1934, scrisse questa canzone. “Cole Porter ha scritto Miss Otis Regrets per me, ma io non sono una cantante, sono un personaggio. Nessuno è mai venuto per sentirmi cantare, venivano a trovarmi“.

Ada Smith, il cui soprannome era Bricktop (per via dei fiammeggianti capelli rossi), fu definita come “una delle figure più leggendarie e durature della storia culturale americana del ventesimo secolo”. Fu l’indiscussa e carismatica regina delle notti parigine, della Cafè Society, degli anni ruggenti; non solo perché fu lei per prima a portare il Charleston, come danza, in Europa, ma perché per oltre trentanni fu la proprietaria di Chez Briktop, incredibile night club frequentato da artisti, scrittori, intellettuali e politici.

Nel suo locale si ubriacarono Ernest Hemingway, Evelyn Waugh, F. Scott e Zelda Fitzgerald, e lei stessa buttò fuori dal suo locale John Steinbeck, per essersi comportato “scortesemente” (successivamente lui per scusarsi le inviò un taxi pieno di rose); insegnò a ballare il Black Bottom al Duca di Windsor; T.S. Eliot scrisse di lei, la ammiravano Man Ray, Picasso, Fred Astaire.

Bricktop, o Brickie, come spesso la chiamavano i suoi ammiratori, nacque il 14 agosto 1894. Il suo nome per intero era Ada Beatrice Queen Victoria Louise Virginia Smith, era la terza figlia e la più giovane dei cinque figli di Thomas Smith, un barbiere afroamericano, e Harriet Elizabeth (Thompson) Smith. Il lungo nome di Ada era un tentativo di compiacere molti conoscenti.

Sono nata ad Alderson, in Virginia, grazie a Dio, dell’Ovest. Mia madre era la negra più bianca che sia mai esistita, e nello stesso tempo profondamente irlandese. Sono sempre stata affascinata dai saloon. Da ragazzina in State Street a Chicago, correvo sempre sotto le porte a battenti (…) Sono una negra americana al 100% con un temperamento irlandese innato.

Quando suo padre morì, la famiglia si trasferì dalla Virginia al South Side di Chicago, dove Ada vide per la prima volta il teatro. Anche se si aggirava dietro i palcoscenici delle grandi case del Vaudeville di Chicago, in attesa di artisti del calibro di Sophie Tucker, erano le stanze sul retro dei saloon, con i loro pavimenti ricoperti di segatura, a catturare la sua immaginazione. Per poter entrare in quei locali accettò di portare le bevande. Era l’epoca di Scott Joplin, e lei, poco più che adolescente, fu “rapita” dai cantanti, dai gestori dei saloon, dai papponi e dalle prostitute del mondo ragtime.

A sedici anni, con la stoica benedizione della madre, Ada partì in tournée nel circuito del vaudeville, faceva parte di alcuni trii di canto e danza. A vent’anni era a New York, cantava alla Conney Inn di Harlem. Nel 1924 espatriò a Parigi. Inizialmente faceva l’intrattenitrice alle “feste deliziose” di Cole Porter e lavorava in alcuni club. Ben presto Bricktop incominciò a gestire Le Grand Duc e, nel 1927, decise che era pronta ad aprire il suo club. Proprio Porter decise che il suo locale si sarebbe chiamato Chez Bricktop, perché sapeva che sarebbe stata “la Signora con il suo boa di piume drappeggiato su una spalla” che le persone sarebbero andate a trovare.

Bricktop (la seconda da sinistra) e i suoi amici al Club. Foto tratta dalla Biografia “Bricktop”

Dopo due anni si trasferì in una sede più grande, in rue Pigalle 66. Durante gli anni ’20 e ’30 Bricktop e il suo locale hanno goduto di un successo senza eguali, diventando la scena della vita notturna di Parigi.

Tra i suoi “protetti”, che poi lavorarono anche nel suo locale, c’erano Duke Ellington, Mabel Mercer e Josephine Baker. A quest’ultima diede accoglienza non appena arrivò a Parigi nel 1925, quando la sua carriera doveva ancora iniziare; Jean Claude Baker, uno dei figli di Josephine, nella biografia della madre parla di Bricktop come una delle amanti della madre.

Lavorò con lei anche il chitarrista gipsy-jazz Django Reinhardt; Bricktop fu avvisata di non assumerlo a suonare nel suo club, per la sua reputazione di essere inaffidabile e irascibile. Ma lei seguì il suo istinto e non se ne pentì mai, perché insieme fecero la storia del jazz, a Parigi e oltreoceano.

Nonostante sembrasse, di tanto in tanto, darsi delle arie, Bricktop aveva la reputazione di essere amica di tutti nei suoi nightclub, amava chiacchierare piacevolmente, e intrattenersi, anche se per breve tempo, con tutti i suoi ospiti. Raramente rimaneva a un tavolo più di cinque minuti: “Non bevo mai un drink con un ospite a meno che non mi abbiano supplicato tre o quattro volte“. La sua formula sembrava funzionare, tutti la adoravano e si contendevano le sue attenzioni. ”Quando sono sola con qualcuno”, disse una volta, ”lo chiamo ‘tesoro’. Tranne il Duca di Windsor. L’ho sempre chiamato “Sire”.

Verso la fine degli anni venti Bricktop incontrò e sposò Peter Duconge, di New Orleans, un sassofonista che era al seguito della band di Louis Armstrong. Sposati nel 1929, si separarono solo pochi anni dopo, ma non divorziarono mai ufficialmente.

Nel 1939 era iniziata l’invasione tedesca della Francia, che costrinse Bricktop a lasciare Parigi. Il suo ritorno a casa fu deludente; a New York non era più l’artista ricercata di un tempo. Trovò difficile essere invitata nei locali e successivamente faticò a guadagnarsi da vivere. Durante questo periodo si convertì al cattolicesimo. La aiutò, nel 1943 la sua amica e ereditiera Doris Duke, prestandole i soldi per fondare un club a Città del Messico.

Terminata la guerra, Bricktop decise di tornare a Parigi per ricominciare da dove aveva lasciato; tuttavia, nel 1949, trovò la città profondamente cambiata. Tra le altre cose, in conseguenza della guerra si era formato il risentimento verso gli americani, e gli atteggiamenti nei confronti degli afroamericani cominciarono a essere simili ai sentimenti razzisti bianchi negli Stati Uniti. In più, aveva difficoltà a ottenere un permesso per riaprire il suo club a Parigi, decise quindi di trasferirsi a Roma. Il Bricktop in via Veneto diventò una mecca per i turisti americani ed europei, ma lei una volta disse ad un suo amico “Paragonato al mio piccolo locale a Parigi, questo posto è una discarica.”

photo: Jack Robinson archive

A 67 anni decise di chiudere con la vita notturna, e i giornali lo annunciarono così. “Bricktop, che ha regnato come regina del nightclub americano in Europa per 40 anni, cantando, danzando e fumando sigari, ha annunciato oggi la sua abdicazione: “Sono stanca, dolcezza, stanca di stare sveglia fino all’alba tutti i giorni”.

Tornata a New York continuò ad esibirsi ma, con il peggiorare delle condizioni di salute, diventò sempre meno attiva. Si dedicò sempre di più alla beneficenza e alla religione, anche se gli amici l’avevano presa in giro per la sua conversione: “Dicono che sono una fanatica religiosa, perché continuo a correre dentro e fuori dalla chiesa. Per 40 anni ho corso dentro e fuori dai bar, e non mi hanno mai definito una fanatica ”. Morì nel 1989, nel suo appartamento di Manhattan.

Oggi Bricktop non è un nome familiare alla maggior parte delle persone, il suo locale a Parigi in Rue de Pigalle non esiste più, al suo posto c’è un moderno bar, ma i pezzi della sua straordinaria vita sono indispensabili per raccontare un certo momento della storia degli americani a Parigi e della Café Society di tutto il mondo.

La giornalista statunitense Elsa Maxwell una volta disse: “Sai, penso che Bricktop debba essere stata una regina in una vita precedente.”

“No”, rispose Cole Porter, “Un’imperatrice“.

Fonti:

The New York Times, Bricktop, Cabaret queen in Paris and Rome, dead, 1 febbradio 1984
A Night at Bricktop’s: Jazz in 1930s’ Montmartre, in Rivelwaljazz, University of Stanferd
The Paris Review, To Bricktop, on Her Belated Birthday, 15 aug 2011
The New York Public Library, Ada Bricktop Smith Paper, 1926-1983
Black Past, Ada Bricktop Smith (1894-1984) (www.blackpast.org)
Bricktop, James Haskins, Bricktop by Bricktop, Biografia

filmati e musica:
Bricktop’s Jazz Babes
Miss Otis Regrets
Briktop e la pianista Dorothy Donegan https://www.youtube.com/watch?v=m-y-4p84n7M

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