FINCHÉ AVRÒ FIATO IN CORPO! Melba e le altre sconosciute del jazz

FINCHÉ AVRÒ FIATO IN CORPO! Melba e le altre sconosciute del jazz

FINCHÉ AVRÒ FIATO IN CORPO! Melba e le altre sconosciute del jazz

Melba Liston a sei anni disse: Voglio quello! Indicando dal marciapiede il trombone esposto in vetrina. Lo guardava appannando il vetro con la faccia e spalancando i suoi occhi scuri. Fu un colpo di fulmine, come fosse un anello sbrilluccicante per una gazza. Era la cosa più bella che avesse mai visto. Erano gli anni ’30 e Kansas City era l’epicentro del blues e dello swing, ma nessuna ragazza suonava il trombone. Era impensabile. Le ragazze cantavano o suonavano strumenti come il pianoforte, concessi perché più decorosi per noi donne. D’altronde, anche adesso ci fanno battute tipo: “Vuoi suonare il mio trombone?”. Che ridere vero? Figuriamoci  allora.

Ma ascoltate cosa è riuscita a diventare Melba.

https://www.youtube.com/watch?v=ojwANp_D_fE&list=RD4qwFmRzEbcM&index=4

Fu il nonno a incoraggiarla a prendere quel trombone in vetrina e a passare poi i pomeriggi a suonare insieme. Lei il trombone e lui la chitarra. Melba aveva solo sette anni e un anno dopo avrebbe suonato alla radio. Aveva le braccia troppo corte e inclinava goffamente la testa per raggiungere la sesta e settima posizione sul suo trombone d’ottone luccicante. Ma era una bambina acuta, sapeva cosa voleva e niente l’avrebbe fermata dal raggiungere il suo sogno: suonare quello strumento con tutto il fiato che aveva in corpo. È così che è diventata una jazzista, musicista e compositrice senza eguali, l’unica trombonista jazz donna e afroamericana a reggere il confronto con le migliori controparti maschili. Negli anni ’50 del secolo scorso, era ancora l’unica donna musicista in gruppi itineranti. Non nascose mai le mille difficoltà di lavorare in un mondo dominato dagli uomini. Ma il trombone – diceva – si era sempre preso cura di lei – tanto che si guadagnò un posto in alcune delle più grandi orchestre jazz del mondo diventando anche compositrice e arrangiatrice musicale. Era così brava da lavorare con Milt Jackson, Clark Terry e Johnny Griffin e a suonare per gli album di Ray Charles.

Non è incredibile? Nel 1937, lei e sua madre si avventurarono a Los Angeles, dove conobbe due importanti insegnanti, Samuel Browne e Alma Hightower. La signora Hightower creò le Melodic Dotes, una band per giovani che includeva anche un’altra grandissima, la sassofonista Elvira “Vi” Redd .

Vi assicuro che per me è un vero onore parlarvi di queste donne così talentuose e forti. Eccezionali. Melba è stata una trombonista così capace da suonare alla pari e insieme a Dexter Gordon, Count Basie, Dizzy Gillespie e Quincy Jones. Eppure di lei non sappiamo niente. Io fino a qualche giorno fa – mi vergogno a dirlo – non la conoscevo neppure.  E quante, quante ve ne sono state.

Alice Turiyasangitananda Coltrane (1937 – 2007) arpa, compositrice e bandleader
Dorothy Jeanne Thompson o Dorothy Ashby (1932 – 1986) flauto e arpa
Dolly Jones (1902,-1975), tromba
Jeanette Kimball (1906 – 2001), pianoforte
Emily Remler ( 1957- 1990) chitarra e bandleader
Elvira “Vi” Redd (1928 – 92 anni), sassofono contralto e bandleader
Stacy Rowles (1955 -2009), tromba
Mary Lou Williams (1910 – 1981) pianoforte, compositrice e arrangiatrice

Solo per dirne alcune, ma potrei fare una lista lunghissima. Tutte sconosciute ai più.

La carriera di Melba ovviamente non è stata facile: ha sopportato ripetutamente gli abusi misogini e patriarcali che molte performer donne, nel jazz ma non solo, subivano a quell’epoca ed è stata sempre esplicita riguardo a quei maltrattamenti. Questo atteggiamento maschilista la costrinse persino a lasciare per un po’ la musica e darsi all’insegnamento. Negli anni ’70 però tornò a Kansas City per il Women’s Jazz Festival con la sua band “Melba Liston Company”. In questo periodo, Liston aveva inciso alcuni dischi con il sassofonista tenore Dexter Gordon che era stato suo compagno di scuola; tutti pezzi impregnati degli elementi essenziali del bebop. Gli arrangiamenti di Liston mostrano una flessibilità che trascende l’educazione musicale nel bebop degli anni ’40. Sia che Melba si dedichi allo swing, al post-bop, alle musiche africane o alla Motown la sua padronanza dei gesti ritmici, dei groove e delle poliritmie è davvero notevole (come mostrato in Uhuru Afrika e Highlife). Liston ha lavorato anche come “scrittrice fantasma” durante la sua carriera, è stata cioè pagata sottobanco per completare gli arrangiamenti per altri compositori, ai quali il suo lavoro sarebbe stato attribuito. Questa non era una pratica insolita, considerando poi le dinamiche di genere dell’industria, la mancanza di riconoscimento del suo ghost writing pone le sue composizioni ulteriormente in ombra.

Secondo gli studiosi di jazz “Molti degli arrangiamenti trovati nei repertori di Gillespie, Jones e Weston sono stati realizzati da Liston. In effetti, si ipotizza che molte delle sigle televisive e cinematografiche attribuite a Quincy Jones durante la fine degli anni ’50 e gli anni ’60 furono assistiti o completati da Liston nella sua qualità di ghost writer “.

Una vita dura, tormentata dalla segregazione razziale e spesso senza paga. Melba per un periodo si unì a Dizzy Gillespie in una formazione che includeva John Coltrane e John Lewis. Dizzy la convinse a unirsi alla sua orchestra in tournée in Medio Oriente e Sud America. Era sia scrittrice che arrangiatrice per la band e la maggior parte dei critici concorda sul fatto che abbia prodotto alcuni dei suoi migliori lavori in quel periodo.

Una donna dal talento senza fine. Quando un ictus nel 1985 l’ha costretta su una sedia a rotelle, ha imparato a comporre al computer e ha continuato imperterrita ad arrangiare pezzi.

Melba ha aperto la strada a tante altre musiciste moderne. Come Matana Roberts, sassofonista contralto e compositrice sperimentale che ovviamente se non si è esperte in materia non si può conoscere.

Roberts con le sue invocazioni blues, il fraseggio vivace e la spinta ritmica sbarazzina, è la nuova e audace voce del sassofono. Per me un genio. Il suo modo di suonare può essere sia sottile che dinamico e scrive da sé tutto il suo materiale, attingendo all’eredità degli eroi dell’avanguardia jazz. Matana, che pensa che tutti gli americani debbano assumersi la responsabilità delle proprie azioni, nelle sue canzoni cerca di catturare la lotta nera nel suono. Matana Roberts, affascinante sciamana della post-contemporaneità, raccoglie il testimone di un jazz che non è mero esercizio stilistico o saccente improvvisazione, ma manifestazione di una spiritualità ancestrale

“Sono stata licenziata da una band una volta quando ero a Chicago perché volevano che ballassi e scuotessi il culo“, dice Matana. “Mi dicevano: ‘Fai sempre quella roba Coltrane, ma noi vogliamo che indossi gonne più corte!‘  La cosa che mi ha salvato è stato imbattermi in uomini e donne che non vedono il mio genere, ma ascoltano solo la musica.

Sebbene il jazz sia ampiamente percepito come una forma d’arte basata su ideali liberali e uguaglianza per tutti, le donne hanno anche qui sentito il peso di certi archetipi. In generale, la musica jazz è ancora, quasi settant’anni dopo, per cantanti e pianiste. Pertanto, si distinguono batteriste come Cindy Blackman o chitarriste come Monnette Sudler o Deirdre Cartwright ma sono sempre carriere piene d’ostacoli.  Le donne che hanno osato entrare nel mondo dominato dagli uomini come Melba Liston, o la trombettista Barbara Donald o la sassofonista baritono Gail Thompson ci sono state, hanno fatto la storia della musica, eppure ancor oggi donne come Matana Roberts trovano tantissimi pregiudizi e sono poco conosciute. Nella nostra società il jazz è maschio: Randy Weston, Sonny Simmons e Courtney Pine prima; Roscoe Mitchell, Pat Matheny, Bobby McFerrin o Steve Coleman dopo. Raramente si parla con la stessa riverenza delle donne jazziste. La realtà innegabile è che l’industria del jazz, come il resto dell’economia mondiale, è in gran parte gestita da uomini e per uomini: ci si aspetta ancora che una donna fornisca solo delizia per gli occhi, che sia un decorazione.

Il problema con la musica jazz femminile negli Stati Uniti è che le donne non sono davvero commercializzate nel modo in cui dovresti conoscerle. Se lo sono, è in un modo che piaccia agli uomini” sostiene Matana. “Mi piace celebrare l’essere una donna, ma non mi vedranno sul retro del mio album seminuda o qualcosa del genere. Succede ancora ai soundcheck – continua – che mi chiedano se sono una cantante, e questo mi fa davvero incazzare. ‘No, figlio di puttana, sono una sassofonista! Aspetta e ascolta!‘”

Ascoltiamole dunque queste musiciste e compositrici che dovremmo tutte conoscere! Non vi dico nulla. Ascoltatele e basta.

E non smetterete più. Come me.

Terri Lyne Carrington, batteria
Esperanza Spalding, basso/ canto
Nikki Yeoh, pianoforte
Ingrid Jensen, tromba
Jane Ira Bloom, sax soprano
Christine Jensen, sassofono
Nicole Mitchell, flauto
Regina Carter, violino
Holly Hofmann, flauto
Roxy Coss, sassofono/ flauto

E per finire col botto….  gustatevi questo pezzo corale di donne meravigliosamente brave!

Buon ascolto! (R.F.)

Terri Lyne Carrington – Tineke Postma – Chihiro Yamanaka- Esperanza Spalding- Ingrid Jensen live 2010

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