Nawal el Sa’dawi, una combattente fino all’ultimo respiro

Nawal el Sa’dawi, una combattente fino all’ultimo respiro

Nawal el Sa’dawi, una combattente fino all’ultimo respiro

Nawal el Sa’dawi è un donna forte, una vera guerriera. È una scrittrice femminista radicale che nella sua vita ha sfidato le convenzioni di un mondo patriarcale che voleva zittirla, farla tacere. Per sempre. Ha sfidato le regole e per questo è stata rinchiusa in prigione; ha subito l’esilio e molte minacce di morte perché abbandonasse la sua lotta contro l’oppressione delle donne. Ma non l’ha mai fatto. E non ha intenzione di arrendersi ora che ha superato ormai gli 80 anni. Nessuno è mai riuscita a fermarla. Nawal el Sa’dawi nasce in Egitto nel 1931, nel villaggio di Kafr Tahala. “Il mio nome, El Saadawi, è il nome di mio nonno […] Non l’ho conosciuto, è morto prima che io nascessi. Ma ho conosciuto mia nonna, Al-Hajja Mabrouka, che noi chiamavamo Sittil Hajja. Era una donna molto forte. Era il capo del villaggio. Era analfabeta e lavorava nei campi.” Nawal da bambina dovette subire la mutilazione dei genitali da parte della daya, la donna del rasoio. In Firdaus Nawal descrive quell’esperienza con lucida chiarezza “Mi tagliarono via qualcosa tra le cosce”.

Foto di Jenevieve Aken

In Una figlia di Iside dice “Sentivo dire […] che molto prima che io nascessi le neonate venivano sepolte vive. Fossi nata a quell’epoca sarei stata una di quelle neonate. Questo mi dicevano quando avevo quattro anni. Ma i miei erano tempi migliori. Quando veniva alla luce una bambina non le si faceva niente. Semplicemente la vita si fermava, semplicemente la gente era triste.” Fin dalla scuola elementare Nawal manifesta un carattere ribelle e inizia giovanissima a scrivere le sue riflessioni su un mondo che le risulta ostile e incomprensibile. Voleva frequentare l’università e diventare scrittrice e medica. Le tradizioni però volevano che trovasse uno sposo quanto prima, come era stato da sempre per tutte le donne del paese. Nawal si rifiutò categoricamente di sottomettersi a questo destino: “quando mi ribellavo nei loro occhi si manifestava l’odio. Negli occhi di tutti ma non in quelli di mia madre: i suoi, mentre mi osservava combattere le mie battaglie, luccicavano di orgoglio e felicità. Di tanto in tanto mi lanciava un’occhiata di complicità e mi sussurrava all’orecchio parole d’incoraggiamento”.

Fu grazie all’appoggio della madre che iniziò i suoi studi, prima al Cairo per poter frequentare la scuola media, poi ad Helwan per poter frequentare la scuola superiore dove fonda Il Teatro della Libertà nel quale è sceneggiatrice, regista, interprete. Mentre frequenta la scuola superiore, Nawal s’impegna nelle prime lotte politiche, che prosegue anche mentre frequenta l’Università di Medicina a Giza. “I tre anni dal 1949 al 1951 furono radicali, molto importanti, perché la rivoluzione giunse grazie alle dimostrazioni. Ricordo che in quei tre anni al Cairo, […], ero per strada quasi tutti i giorni: dimostrazioni contro il re, contro gli inglesi, contro la schiavitù, contro la povertà. Tanti studenti venivano uccisi; molti miei colleghi della facoltà di Medicina furono uccisi per le strade.” Poi, il 23 luglio 1952, Nasser e un gruppo di militari dell’esercito diedero avvio alla rivoluzione e presero il potere. Nel 1955, Nawal si laurea in medicina col massimo dei voti per poi specializzarsi in psichiatria: il suo obiettivo è dare un aiuto concreto alle donne, attraverso una terapia che le renda consapevoli della loro identità e dignità. La scrittura diviene sempre più il mezzo per affrontare e denunciare argomenti considerati tabù dalla società arabo-islamica.

Nawal è decisa a spezzare il rapporto fra sessualità femminile e religione, aborto, prostituzione, abusi all’infanzia, le mutilazioni fisiche sociali psicologiche che le donne sono costrette a subire. “Posso citare degli esempi. Quando eravamo bambine, ci fermavamo su alcuni versi dell’Antico Testamento e del Corano, che dicevano che le mestruazioni sono qualcosa di cattivo, che le donne dovrebbero stare separate, che dovrebbero essere purificate […] il mio dubbio riguarda ebraismo, cristianesimo e islam, fin da quando ero alle scuole elementari con le mie amiche Isis e Sarah. […] leggevamo i tre libri sacri, l’Antico Testamento, il Nuovo Testamento e il Corano. Sebbene fossimo giovanissime, quei libri non ci convincevano, sentivamo che lì le donne venivano disprezzate.” Divorzia due volte perché i mariti, in quanto uomini, non accettavano la sua carriera di medica e di scrittrice, attività imbarazzante per le loro carriere. Era bollata come “un’ indesiderata”.

Quando il secondo marito rifiutò ripetutamente il divorzio, Nawal narra che una notte, esasperata dall’uomo, lo minacciò col suo bisturi e pronunciò tre lapidarie parole che le resero la libertà: «I repudiate you!» Sono io che ripudio te! Fortemente osteggiata dalle autorità egiziane per queste sue posizioni “scandalose”, fu individuata come una ribelle e accusata di apostasia: fu ripetutamente minacciata di morte perché tradiva i valori tradizionali e incitava le donne a ribellarsi alla loro condizione, contro la legge e contro la religione. Così nel 1981 venne arrestata e rinchiusa in galera per crimini contro lo Stato. Quando non possono fermarci è così che fanno Ma nulla poteva zittirla. Scarcerata fondò The Arab Women’s Solidarity Assocation, la prima organizzazione legale indipendente femminista! Ma questa iniziativa provoca ovviamente nei suoi confronti nuove persecuzioni da parte di gruppi fondamentalisti islamici e viene condannata a morte per eresia. L’Associazione è dichiarata fuori legge e chiusa.

Nawal viene nuovamente incarcerata, fino a quando, nel 1992, è costretta all’esilio dopo altre minacce emesse contro di lei dai gruppi religiosi. Andrà prima in Olanda e poi negli Usa, in North Carolina, insieme al terzo marito Sherif Hetata, medico e scrittore che tradurrà in inglese tutti i suoi scritti. Qui assumerà la docenza presso la Duke University’s Asian and African Languages Department. Nawal è stata descritta spesso come la “Simone de Beauvoir del mondo arabo”. Le sue opere, ancora oggi sono soggette a censura in Egitto. Il libro “Donne e Sesso” pubblicato nel 1972, le fece perdere il lavoro come direttrice generale della sanità pubblica per il ministero della salute egiziano. Venne vietato dalle autorità politiche e religiose perché si scagliava in modo critico e aperto contro le mutilazioni genitali femminili.

Foto di Jenevieve Aken

Uno dei suoi ultimi libri, Dio si dimette nell’incontro al vertice, è stato accolto davvero male in Egitto e ha dato il via a molte controversie. La sua critica alla religione, basata sul fatto che opprime le donne, ha provocato una serie di casi giudiziari, tra cui il tentativo per vie legali di privarla della sua nazionalità. Una vita di battaglie. Una vita contro la politica di una società sessista e patriarcale. Donne come oggetti di godimento, da consumare a piacimento. Donne serve in casa, donne prive di soggettivismo e che sono come fantasmi. Però, grazie a donne come lei, oggi in Egitto sono cambiate molte cose, anche se molte ancora devono farlo: nel 2008 le donne egiziane hanno conquistato il diritto di registrare i figli nati fuori dal matrimonio con il proprio cognome; l’età minima per il matrimonio è stata alzata a diciotto anni; la circoncisione femminile, la clitoridectomia e l’infibulazione sono reati perseguibili e punibili (anche se per ora più in teoria che in pratica purtroppo) con il carcere o una pena pecuniaria.Ma la sua lotta non è finita e non finirà mai. Ormai è chiaro il destino che le spettava da bambina e non era quello che volevano imporle. Ancora oggi grida a gran voce: “Viviamo in un mondo dominato dallo stesso sistema oppressivo; il sistema capitalista, imperialista, religioso, razzista, militare e patriarcale. Prima o poi ci libereremo. Non perderemo mai la speranza perché la speranza è potere”. El Saadawi è costernata dall’atteggiamento rilassato delle giovani donne che non si rendono conto di ciò per cui hanno combattuto le femministe della sua generazione: “Sto diventando più radicale con l’età”, dice Nawal El Saadawi, ridendo. “Ho notato che gli scrittori, quando sono vecchi, diventano più miti. Ma per me è il contrario. L’età mi fa arrabbiare di più.” Ci sono sempre battaglie per lei all’orizzonte. E a più di 80 anni, aggiunge: “Una nuova università è stata inaugurata in Egitto e mi è stato chiesto di insegnare, ma le persone migliori hanno detto di no, hanno paura, quindi questa è la prossima cosa: lavorerò per insegnare in Egitto”.

Una combattente fino all’ultimo respiro.

Non si spegne la rabbia che è nata quando era bambina e le facevano leggere l’Antico Testamento, anzi la nutre. “Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni […]. Poi essa resterà ancora trentatré giorni a purificarsi dal suo sangue […]. Ma, se partorisce una femmina, sarà immonda due settimane […]; resterà sessantasei giorni a purificarsi dal suo sangue” (Levitico, 12,2-5). Il doppio! Dunque, ricordo che da bambine dicevamo: “Ma come? Se mia madre è incinta e partorisce me, femmina, deve purificarsi per sessantasei giorni, ma se partorisce mio fratello deve purificarsi soltanto per trentatré giorni!”. E così ridevamo, e loro dicevano: “Questa è la parola di Dio”, ma noi non eravamo convinte: “Come può Dio pensare in questo modo?”. Poi nell’Antico Testamento si dice anche che la donna dovrebbe sacrificare un agnello o altra carne e offrirla a Dio, per essere “purificata dal flusso del suo sangue” (Levitico, 12,6-7). E noi dicevamo: “Ma che relazione c’è tra uccidere un agnello o un pollo o un’anatra e offrirli a Dio, per purificarsi del sangue?”.

Non aveva senso. Non ha senso. E non avrà mai senso.

Non perderemo mai la speranza perché la speranza è potere”. Nawal el Sa’dawi

Fonti:
La Foto di Jenevieve Aken fa parte della serie MONANKIM. Le fotografie dell’autrice nigeriana sono presenti alla mostra fotografica Black Magic Woman che si tiene a Bologna, Via Braina11, fino al 31 marzo. Per info: https://www.vivereinsiemeinparidignita.org/fotografia
The Guardian 11 oct 2015 Nawal El Saadawi: ‘Do you feel you are liberated? I feel I am not’ di Rachel Cooke
Nawal Saadawi, la femminista che non smette di lottare- Arab Press
Tempo di lettura Biography of Nawal EL SAADAWI in African Success: people changing the face of Africa
Rachel Cooke Nawal el Sa’dawi in Enciclopedia delle Donne di Debora Menozzi http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/nawal-al-sadawi/

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