Christine de Pizan, una rivoluzione copernicana femminista

Christine de Pizan, una rivoluzione copernicana femminista

Christine de Pizan, una rivoluzione copernicana femminista

Cristina, dopo aver letto due opere di Boccaccio e di Jean de Meun, che sostenevano che la donna è per natura un essere vizioso, a dir poco s’infuriò. Quest’immagine che Boccaccio diffondeva, di donne fragili, paurose, incostanti, sempre in necessità di consiglio e bisognose di una guida maschile proprio non la mandava giù. La “calunnia è un venticello” e Cristina sapeva “che i rapporti fra i sessi possono benissimo venir influenzati anche da ciò che apparentemente è solo uno scherzo o una satira senza nessi diretti con la realtà”. Quanto scrivevano non era la verità. Noi donne non siamo così, pensava. Non io e neppure le altre. Cristina, che aveva studiato nella Biblioteca più fornita del mondo, quella del Louvre, era una scrittrice, una poetessa, una studiosa e non si riconosceva in quelle parole menzognere e falsificatrici della realtà. Così prese carta e penna e scrisse uno dei grandi testi della storiografia di genere.

Ma chi era Cristina? A Monterenzio, sull’Appenino Bolognese, c’è un scuola elementare che porta il suo nome. Chissà se i 104 bambini della scuola sanno chi è Cristina da Pizzano. Me lo chiedo perché io, fino a poco tempo fa, non lo sapevo. Cristina da Pizzano, nacque a Venezia nel 1365. Figlia di Tommaso di Benvenuto, detto da Pizzano perché appunto la sua famiglia possedeva delle terre in quella zona, è più conosciuta come Christine de Pizan, perché già da piccola si trasferì col padre a Parigi. Tommaso era uno stimatissimo astrologo, medico e cattedratico dell’Università di Bologna, così famoso da essere conteso sia alla corte del re d’Ungheria, Luigi I il Grande, che dal re di Francia in persona, Carlo V. Tommaso optò per offrire i suoi servigi al sovrano d’oltralpe di cui ammirava la saggezza. Carlo V, dal canto suo, apprezzava le qualità dell’astrologo fino al punto di invitarlo ad abitare presso di lui e a far trasferire la sua famiglia in Francia a spese della Corona. Nel 1368 Tommaso partì alla volta della corte di Carlo V con la sua famiglia al seguito. Fu così che Cristina valicò le Alpi, verso la fine del 1369, a soli quattro anni, insieme con la madre e i fratelli.

Possiamo dire che qui comincia la storia di Christine de Pizan, figlia di Tommaso, il quale è ancora oggi ricordato negli annali dell’università e nelle guide turistiche bolognesi; mentre Cristina è rimasta nell’ombra, una delle tante donne dimenticate, benché abbia apportato uno spirito, alla storia e alla cultura, ben più ampio e coraggioso del padre. Christine in Francia crebbe in un ambiente di corte stimolante e intellettualmente vivace ma soprattutto ebbe modo di attingere alla vasta cultura che si trovava all’interno della ricchissima Biblioteca Reale del Louvre: era stato lo stesso Carlo V, sensibile alle tematiche intellettuali, a dar vita a quella Biblioteca, a cui lei ora aveva libero accesso. Era un luogo senza pari in Europa, per la quantità e la qualità dei preziosi libri splendidamente miniati. Tommaso, contro il parere di sua moglie, più tradizionalista, ha avuto il merito d’impartirle un’educazione letteraria approfondita, assai rara per una donna dell’epoca. I libri, il sapere e tutto lo scibile cui, fortunatamente, Cristina ebbe accesso le consentirono di diventare poetessa, scrittrice, editrice e filosofa.

Oggi viene riconosciuta come la prima scrittrice di professione in Europa e la prima storica laica di Francia, quattro secoli prima di Madame de Staël. Nei suoi testi traeva sempre spunto anche dalla propria esperienza di vita e quando compose la biografia di Carlo V di Francia vi riportò eventi di cui era stata testimone oculare e non solo ciò che si trovava nelle solite fonti bibliografiche. Era a capo di uno Scriptorium in cui riproduceva libri miniati molto apprezzati. Ma la sua più grande impresa, senza dubbio, fu dare inizio alla cosiddetta Querelle des femmes. La Disputa delle donne. Questa Disputa in realtà è iniziata in tempi antichissimi, ma è sempre stata una Disputa contro le Donne. Andando a ritroso possiamo dire che risale già ai primi testi letterari della storia europea: Esiodo e la maledizione contro il ghenos gunaikos (la razza delle donne) e prosegue nelle numerosissime affermazioni misogine della tragedia greca.

Ma Cristina ribalta le parti. “Lancia in resta”, come direbbe Silvia Plath, nel 1405 dà vita alla Querelle des femmes, scrivendo, La città delle dame (Livre de la Cité des dames) un pamphlet femminista che consegna direttamente alla regina Isabella. Scritto in pochi mesi questo libro, pubblicato oggi da Carocci Editore, resta ancora un testo attualissimo e affascinante, sia per i temi e sia per la grande passione che esce dalle pagine per andare direttamente ai cuori delle donne. Nell’opera si elencano moltissimi esempi di donne virtuose e importanti nella storia dell’umanità. Inizia così la Querelle, la disputa delle donne, una contesa vista finalmente da un’angolatura differente, dalla parte delle donne.

Christine costruisce con la Regina la Cité des Dames

La sua è una rivoluzione copernicana femminista. Al centro della Querelle di Cristina c’è la donna e le sue virtù, capacità, pregi, forza e coraggio. La “Querelle des femmes” diventerà il termine generale per riferirsi alla polemica sullo status delle donne nella società dal XV secolo e fino al XX secolo, alle soglie dell’Illuminismo. Nella Città delle donne Cristina scrive che non esiste differenza di valore fra l’anima femminile, l’anima maschile e la perfezione dei due corpi. Dimostra inoltre la capacità delle donne a governare, ma soprattutto rivendica l’uguaglianza di raziocinio, rettitudine e capacità di giudizio tra uomini e donne. Era determinata a non dimenticarne nemmeno una di quelle donne, quelle che fecero e cambiarono la storia!

L’autrice immagina di essere svegliata nel sonno da tre figure, Donna Ragione, Donna Rettitudine e Donna Giustizia, che l’avvertono delle forze misogine che minacciano e opprimono il nostro genere. E comincia a sognare un Luogo abitato dalle grandi donne del passato, La Città delle Donne appunto. Qui ci sono regine e amazzoni a guidare gli eserciti, ci sono le donne ‘non viziose’, che hanno preservato la castità, amato i mariti e onorato i genitori e, infine, non potevano mancare le martiri per la fede, suicidatesi dopo aver subito uno stupro, non prima però di averlo denunciato. Anche Cristina denuncia. Denuncia l’ingratitudine dimostrata dagli storici uomini nei confronti del “gran bene reso al mondo” da noi donne. Come dimenticare il contributo della regina Cerere allo sviluppo delle tecniche agricole o quello di Iside, che inventò un sistema di scrittura simbolico oltre all’arte del giardinaggio? E Minerva? Non fu forse lei a inventare le lettere dell’alfabeto? Come farebbero a esprimersi senza la scrittura i grandi intellettuali che oggi la usano proprio contro le donne? Non potrebbero certo scrivere – afferma Cristina – pagine e pagine di storia ‘al maschile’ che esclude sistematicamente, strumentalmente, consapevolmente e ingiustamente ogni riferimento positivo alla figura femminile, presentando non tanto un punto di vista maschile, ma un punto di vista mancante di onestà e verità.

Li accusa: «Sembrano tutti parlare con la stessa bocca, tutti d’accordo nella medesima conclusione, che il comportamento delle donne è incline ad ogni tipo di vizio». Nel libro ci sono Saffo (grazie Christine!) che lasciò versi eterni: “Scuote Amore il mio cuore come il vento sul monte si abbatte sulle querce.” Aracne che scoprì come tingere e tessere la lana. Panfila come ricavare seta dai bachi. Proba che riscrisse l’opera di Virgilio. E ancora Zenobia, Semiramide, Medea. E poi Nicostrata, che inventò l’alfabeto latino, Didone, Griselda. È una storia straordinaria.

Quando rimase vedova nel 1390, oltre alla perdita, si ritrovò a vivere in condizioni economiche difficilissime. La necessità e le occasioni la spinsero a iniziare a scrivere. Nessuno prima di lei era stato costretto fino a tal punto dalle circostanze a vivere della propria penna. In quel periodo scrisse il “Livre de la Mutacion de Fortune“, opera che racconta della straordinaria simbolica metamorfosi da donna a uomo che subisce. «Allora diventai un vero uomo, non è una favola, capace di condurre le navi ». L’assunzione di responsabilità e la solitudine generarono in lei quel cambiamento che la portò a diventare scrittrice, allora un mestiere da uomo.

Ancora oggi, grazie alla storiografia medievale, è riconosciuta come la prima scrittrice e intellettuale europea di professione oltre che un’antesignana del femminismo. Anche in altre opere l’autrice attacca in modo forte la tradizione androcentrica e misogina del suo tempo: “Epistre au Dieu d’Amours” (1399), “Epistres du Débat sur le ‘Roman de la Rose’” e “Dit de la Rose“. Vorrei citare per concludere, un altro suo scritto, un libretto del 1429 “Ditié de Jehánne d’Arc” (poemetto in 67 strofe di versi sciolti), dedicato a Giovanna d’Arco, unico nel suo genere perché composto non dopo la morte di Giovanna, ma mentre la pulzella d’Orleans era ancora viva!

Cristina aveva ormai smesso di scrivere quando rimane folgorata da Giovanna. Si era ormai ritirata in convento, disgustata dalle efferatezze cui aveva assistito a Parigi negli scontri di quel tempo: la Guerra dei Cent’anni funestava l’Europa con carneficine d’ambo le parti. Ma fu una donna, fu Giovanna d’Arco, la pulzella d’Orléans che mise fine all’interminabile conflitto e permise al debole Carlo VII di consolidare il potere come re di Francia sconfiggendo gli odiati inglesi! Come poteva Cristina non scriverne? Un’altra donna eccezionale, questa volta sua contemporanea, che faceva “cose da uomini”: non un’intellettuale ma una ragazzina nei panni di una guerriera che investitasi di coraggio, fede e una fulgida armatura combatteva in prima persona sul campo. Scrive di lei Cristina: «Che onore per il sesso femminile quando questo nostro regno interamente devastato, fu risollevato e salvato da una donna, cosa che cinquemila uomini non hanno fatto…». Come finì lo sappiamo tutte. La pulzella fu bruciata sul rogo. Come strega.

Non sappiamo se Christine lo seppe mai perché la data della sua morte non è certa. Giovanna morì perché era rimasta sola, senza nessuno a difenderla, lei che difendeva la Francia intera. Le dedichiamo questa poesia che Christine scrisse quando lei pure restò sola, dopo la morte dell’amato marito. A Giovanna, a Cristina e a tutte le donne che hanno combattuto, combattono e combatteranno per essere fino in fondo se stesse e riconosciute per quello che sono e che valgono. “Purtroppo”, come dice Marcela Serrano in una sua intervista, “nella lotta che stiamo combattendo attualmente, una lotta in cui non sono stati ancora definiti poteri e uguaglianze, essere donna comporta molta solitudine.” (R.F.)

Seulete sui di Cristina da Pizzano

«Sono sola, e sola voglio rimanere.
Sono sola, il mio dolce amico mi ha lasciata,
sono sola, senza compagno né maestro,
sono sola, dolente e triste,
sono sola, a languire sofferente,
sono sola, smarrita come nessuna,
sono sola, rimasta senz’amico.
Sono sola, alla porta o alla finestra,
sono sola, nascosta in un angolo,
sono sola, mi nutro di lacrime,
sono sola, dolente o quieta,
sono sola, non c’è nulla di più triste,
sono sola, chiusa nella mia stanza,
sono sola, rimasta senz’amico.
Sono sola, dovunque e ovunque io sia;
sono sola, che io vada o che rimanga,
sono sola, più d’ogni altra creatura della terra,
sono sola, abbandonata da tutti,
sono sola, duramente umiliata,
sono sola, sovente tutta in lacrime,
sono sola, senza più amico.
Principi, iniziata è ora la mia pena:
sono sola, minacciata dal dolore,
sono sola, più nera del nero,
sono sola, senza più amico, abbandonata. »

Fonti: 

Christine de Pizan, “La Città delle Dame”, Carrocci, 2004;
Bock Gisela, Le donne nella storia europea. Dal Medioevo ai nostri giorni, traduzione di Benedetta Heinemann Campana, Editori Laterza Fare l’Europa, 2001;
Christine de PIZAN – Cristina da PIZZANO di Barbara Bertolini da: Biografie di donne protagoniste del loro tempo a cura di Barbara Bertolini e Rita Frattolillo;
Muzzarelli M. G., “Un’italiana alla corte di Francia. Christine de Pizan intellettuale e donna”, Il Mulino, 2007;
Enciclopedia Treccani online: Cristina da Pizzano de Pidi Jean-Yves Tilliette – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 31 (1985) ; Christine de Pizan di Remo Ceserani – Enciclopedia Dantesca (1970); Christine de Pizan di Ferdinando Neri – Enciclopedia Italiana (1931)
Cristina, la prima femminista di Micol Argento da: Archivio la Repubblica.it -15/01/2008;
Marta Meloncello- Christine de Pizan e la rilettura della tradizione– Quaderni & Ricerca 24/2011.

3 Comments
  • Betty Argenziano
    Posted at 21:41h, 29 Luglio Rispondi

    Articolo meraviglioso che mi ha commossa e ispirata. Grazie ❤

  • roberto matarazzo
    Posted at 12:30h, 31 Agosto Rispondi

    ottimo sofisticato articolo, i miei complimenti
    r.m.

  • GP franceschetti
    Posted at 14:02h, 31 Dicembre Rispondi

    Ottimoo

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