Niki de Saint Phalle. Le donne? “… non credo che siano capaci di fare un mondo in cui non sarei felice di vivere”

Niki de Saint Phalle. Le donne? “… non credo che siano capaci di fare un mondo in cui non sarei felice di vivere”

Niki de Saint Phalle. Le donne? “… non credo che siano capaci di fare un mondo in cui non sarei felice di vivere

«Gli uomini sono molto inventivi. Hanno inventato tutte queste macchine e l’era industriale, ma non hanno nessuna idea di come migliorare il mondo».
Niki de Saint Phalle

Donna e artista, coinvolta in un percorso di crescita profondo e allo stesso tempo complesso, Niki De Saint Phalle negli anni ’60 è stata famosa tanto quanto Andy Wharol: un’icona di libertà e di effervescenza creativa. Ha sempre mantenuto un legame speciale con il mondo dell’infanzia, cercando di divertire e coinvolgerci con le sue opere e rendendo a tutti noi quel bambino interiore che nascondiamo da qualche parte. Questa sua sensibilità l’ha resa un’artista con un’anima poliedrica, combattuta tra il suo essere bimba e il suo essere donna. Catherine Marie-Agnés Fal de Saint Phalle nasce in Francia in una famiglia aristocratica, che si trasferisce a New York dopo il crac bancario del padre, poco dopo la crisi del 1929. Nelle diverse scuole che ha frequentato Niki è sempre stata una giovane insofferente e irrequieta. Viaggia molto e torna spesso in Europa, interessandosi di teatro e letteratura, imparando molte lingue e innamorandosi dei capolavori dei musei francesi e spagnoli, specialmente di quelli di Antoni Gaudì, che tanto influenzeranno le sue opere.
Nel 1947, si laurea alla Oldfield School, nel Maryland. Contemporaneamente posa come fotomodella e intreccia amicizie internazionali. Nel 1950 Niki scappa di casa e sposa lo scrittore e musicista Harry Mathews, con cui avrà due figli. Ma nel 1953, mentre è a Nizza una crisi nervosa la costringe a ricoverarsi.

Riemerge la vicenda degli abusi paterni subiti da adolescente. Un trauma che l’ha irrimediabilmente segnata per tutta la vita e di cui troviamo riflesso nelle sue opere. Mitologia, violenza, inquietudini private e sociali sono infatti i temi raccontati dai suoi lavori. Niki de Saint Phalle nel suo percorso scopre il valore terapeutico della pittura. Impara a fare degli ostacoli dei perni e a esorcizzare il male trasformando il lutto in rigenerazione gioiosa: sceglie di non essere una vittima, ma “un’eroina” e di affrancare le donne. Negli anni Sessanta diviene celebre grazie ai Tiri: una serie di azioni durante le quali il pubblico o l’artista stessa sparano in modo simbolicamente liberatorio con la carabina su dei rilievi di gesso, facendo esplodere sacchetti di colore. Dirà di questo periodo: “Nel 1961 ho sparato su: papà, tutti gli uomini, mio fratello, la società. La Chiesa, il Convento, la Scuola la mia famiglia, mia madre…gli uomini”.

Qualche tempo dopo Niki inizia a lavorare sulla figura femminile realizzando delle grandi sculture, coloratissime e formose: sono le Nanas, che nel tempo diverranno via via sempre più grandi e opulente. Si avvicina al movimento dei Nouveaux Réalistes e conosce Jean Tinguely, Jasper Johns e Robert Rauschenberg. Si sposa poi con Tinguely, autore di meccanismi complicati capaci di animare strutture gigantesche e insieme producono un sodalizio artistico estremamente fecondo. Nel 1966 nasce Hon/Elle, una figura gigantesca e prosperosa che si trova nel Moderna Museet di Stoccolma. Questa Nana ha 28 metri di lunghezza, 6 metri di altezza e 9 metri di larghezza ed è una scultura visitabile anche internamente. Entrando dalla vagina. La Nana sta distesa di spalle e accoglie nel suo grembo i visitatori che poi escono nuovamente da lei come in un parto.

Dal 1979 al 1996, con l’apporto di Jean e di uno staff di collaboratori, Niki realizza in Italia il Giardino dei Tarocchi che si trova tra Garavicchio e Capalbio in provincia di Grosseto.
Il Giardino dei Tarocchi è un connubio tra arte e architettura: utilizza il linguaggio dell’arte, ma mantiene l’abitabilità dell’architettura. Il parco è popolato da ventidue sculture monumentali ispirate agli arcani maggiori dei Tarocchi. Le figure, di cui alcune in cemento e altre di poliestere, sono rivestite con mosaico di specchi, vetri e ceramiche colorate. La realizzazione del Giardino ha richiesto 17 anni di impegno, un enorme lavoro d’impianto e una spesa di circa 10 miliardi di lire. Niki si è autofinanziata interamente grazie alle sue altre opere, libri, film e addirittura la produzione di una linea di profumi. Il progetto è ideato da Niki, che si avvale di collaboratori come Rico Weber, Ricardo Menon, Roberto Aureli.

È regista di un lavoro collettivo e corale fatto da artisti polimaterici, architetti, arredatori, ceramisti, operai specializzati, esperti di amministrazione, di botanica. Il Giardino dei Tarocchi ha diversi, illustri, antecedenti: in primis il Parco Güell di Gaudì a Barcellona, i Mostri di Bomarzo (secolo XV), il Palazzo Ideale del postino Ferdinand Cheval, in Francia, le Torri di Simon Rodia, operaio di Los Angeles. Ma le sculture di Niki sono così dense di significati simbolici ed esoterici, proprio come i Tarocchi, da rappresentare per chi visita il Giardino una sorta di percorso personale iniziatico condotto in un’atmosfera giocosa. È un vero e proprio “mettersi in gioco”. Le sculture sono il risultato del suo stesso lavoro interiore, un percorso tutto al femminile: l’artista si interroga sul materno, sul concetto di nascita-rinascita, sulla volontà creatrice.

Niki riesce ad esprimere un’idea di femminile potente come non mai. La Papessa è una delle mie preferite, simboleggia la donna, sacerdotessa o persino dea, detentrice di tutti i segreti del mondo: rappresenta il principio femminile dell’intuizione, “l’irrazionale incosciente con tutto il suo potenziale”, ma anche la resurrezione. Tra tutte le sculture spicca l’Imperatrice-Sfinge, dentro la quale l’artista ha abitato per lunghi periodi durante i lavori. In uno spazio rotondo, privo di angoli: un utero. La stanza da letto e la cucina sono ricavate nelle mammelle di una vera e propria Grande Madre.

Maioliche e specchi rimandano e scompongono la luce del sole. I colori accesi sono proposti secondo un codice simbolico: il rosso, come per il primo chackra, è connesso alla forza vitale e creatrice, il verde alla vitalità primigenia; il blu, colore del primo dei chackra superiori, è il segno «della profondità del pensiero, del desiderio ardente e della volontà», il bianco rappresenta la purezza; mentre l’oro è simbolo dell’intelligenza e della spiritualità, come per il settimo chackra. Sulle stradine del parco Niki incide i suoi appunti: pensieri, memorie, numeri, citazioni, disegni, messaggi di speranza e di fede, snodando un percorso materiale e soprattutto spirituale.

Un trionfo di colore ed ironia per celebrare le inquietudini delle donne: è indescrivibile il genio creativo e anticonformista di Niki de Saint Phalle, che con le sue opere sparse e ammirate in tutto il mondo si è guadagnata l’appellativo di fabbricatrice di sogni.

Diceva del mondo e della nostra società: “Credete che la gente continuerebbe a morire di fame se le donne se ne occupassero? …Le donne che mettono al mondo, la cui funzione è dare la vita… non credo che siano capaci di fare un mondo in cui non sarei felice di vivere.

Niki muore nel 2002, in California, per una malattia polmonare derivata dai gas tossici respirati manipolando il poliestere con cui ha realizzato la Nena.

 

FONTI
http://www.tropismi.it/2014/11/04/niki-de-saint-phalle-guerriera-come-la-vittoria-ribelle-come-la-gioia/
https://senonoraquandofactory.wordpress.com/2015/03/15/niki-de-saint-phalle-limmaginario-al-potere-2/
https://www.travelonart.com/arte-contemporanea/arte-niki-de-saint-phalle/

 

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