Grazie alle Donne della Resistenza

Grazie alle Donne della Resistenza

Grazie alle Donne della Resistenza

Forse non tutti sapete che Liliana Cavani nel 1965 fece un documentario dal titolo “La donna nella Resistenza”: quarantasette minuti di immagini di donne e volti femminili insieme a scene e interviste che ha realizzato. Che forza questa Cavani, che ho sempre adorato ma che non conoscevo fino a qualche giorno fa in questa versione. E mentre guardo le nostre donne della resistenza, i loro sacrifici, la loro lotta e l’indomita forza a cui tutte e tutti noi dobbiamo essere grate e grati, mi commuovo col sottofondo del Requiem di Mozart: “Dies Irae“.

Il documentario non mostra delle eroine, ma delle donne per quello che sono e per quello che erano: madri, sorelle, lavoratrici, figlie, donne normali, non fanatiche di politica né votate alla violenza. Solo donne, per me eroine comunque, che presero la responsabilità della guerra sulle loro spalle: al fianco degli uomini hanno agito con forza, con coraggio, per salvare sé stesse, la propria casa, le persone che amavano e, più di ogni altra cosa , la loro e nostra Libertà.

E’ così strano, ascoltarle mentre parlano dei loro pensieri. Era solo ieri. Ma potrebbe essere oggi. Alcune condannate a morte, poco prima dell’esecuzione scrivono: “A voi incomberà il dovere di addolcire il dolore di mia madre. Ditele che sono caduta perché quelli che verranno dopo di me possano vivere liberi come l’ho tanto voluto io stessa. Sono morta per attestare che si può amare follemente la vita e insieme accettare una morte necessaria”.  Non erano diverse dai soldati che andavano in campo di battaglia. Forse in una cosa lo erano. Loro sceglievano la battaglia, non ci venivano mandate. Parole e pensieri scorrono sullo schermo, e anche le mie lacrime, di gratitudine, di gioia, perché il sacrificio che hanno fatto non è dimenticato, ma batte forte in me, come in altrettanti, lo so.

Donne che voglio nominare, perché il loro nome rimanga ben impresso, nelle pagine e nelle menti: Germana Boldrini (Bologna), Norma Barbolini (Modena), Adriana Locatelli (Bergamo), Gilda Larocca (Firenze), Tosca Bucarelli (Firenze), Marcella Monaco (Roma), Maria Giraudo, Anna Maria Enriques Agnoletti e sua madre, Suor Gaetana del carcere di Santa Verdiana (Firenze), Maria Montuoro ( Milano).

Donne che scorrono, parlano, si raccontano, raccontandoci anche di quello che ora siamo noi: e se Gilda Larocca ci risparmia i dolorosi particolari, Adriana Locatelli non riesce a esimersi dal raccontare la brutalità del suo interrogatorio durato 8 lunghissimi giorni, “Sì sì, mi hanno strappato anche i capelli e m’hanno battuto al muro per non so quanto tempo” . Ma lei non ha parlato, non ha ammesso nulla, non ha tradito i compagni. Proprio come Irma Bandiera, che ha perso prima gli occhi poi la vita, ma non lo ha fatto! Eccole, le capostipiti di generazioni oggi libere, grazie anche alla loro capacità di non piegarsi e resistere. Per se stesse. E per noi tutti. Grazie. Grazie. Grazie.

Scrive la Cavani su La Repubblica: “Quando ho fatto il documentario “La donna della Resistenza” (1965) intervistando varie partigiane ho scoperto con sorpresa che avevano combattuto (fisicamente) per un mondo dove la donna avesse avuto emancipazione. Erano contadine, operaie, intellettuali (ricordo Ada Gobetti) e ciascuna con le sue parole mi disse che aveva rischiato la vita per una “palingenesi” sociale (ricordo questa frase) che prevedeva il riconoscimento della parità della donna. Una sopravvissuta a Dachau e un’ altra ad Auschwitz mi dissero che durante la guerra erano persuase che il loro sacrificio avrebbe contribuito a dare uno scossone alla vecchia cultura. E in effetti le donne ottennero nel dopoguerra il diritto al voto (in Svezia lo ottennero 40 anni prima). Ma la vera rivoluzione culturale che le donne antifasciste speravano di ottenere non avvenne mai”.

(R.F.)

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