TROTULA DE RUGGIERO: la medichessa dell’XI secolo

TROTULA DE RUGGIERO: la medichessa dell’XI secolo

TROTULA DE RUGGIERO: la medichessa dell’XI secolo

Fin dall’alba dei tempi la nascita è stata considerata un evento riguardante esclusivamente le donne, in quanto esisteva, ed esisterà sempre tra loro, quel legame profondo di complicità, empatia e collaborazione tali da renderle protagoniste di questo momento, così importante, da essere forse il più importante.

John William Waterhouse – Sketch of Circe, 1911-1914

Le donne durante il parto sono sempre state sostenute e aiutate, incoraggiate e confortate da altre donne, che si “specializzavano” in questa attività: le levatrici. La levatrice è una figura storica fondamentale, dotata di particolare fascino, arcano quanto suggestivo, un’immagine ormai universale, da sempre rispettata perché avvolta al tempo stesso di mistero e sacralità, aspetto che la Chiesa saprà usare in modo davvero strategico, trasformando tutto questo, come ben sappiamo, in magia o stregoneria. Nei secoli XV e XVI la tipologia della strega-ostetrica si ritrova infatti in trattati demonologici come il Malleus Maleficarum, o “martello delle streghe”, manuale per Inquisitori che getta sospetti sull’operato e sull’esperienza della levatrice che, conoscendo i segreti delle donne e dando consigli sulla contraccezione, viene accusata di essere il principale nemico della fede, di uccidere i bambini e di offrirli al diavolo, di causare sterilità ed impotenza. Tutto accadeva perché da questo sapere femminile gli uomini erano assolutamente e intenzionalmente esclusi. Ma questo pezzo di storia ognuna di noi già la conosce credo. Nell’antica Grecia l’assistenza alle partorienti era affidata alle donne: anziane del paese o della polis, le Maiai esperte nell’aiutare durante il parto, così come nell’affrontare i problemi del bambino appena nato, o quelli di sterilità, di isterismo e altre malattie femminili.

Nell’antica Roma invece erano chiamate Obstetrices, che significa “colei che sta davanti”. Il termine non va inteso nel senso di qualcuno che “sta davanti a colei che partorisce”, ma invece di qualcuno che è più avanti nel tempo, a dire cioè che, per poter  essere levatrici, bisognava a sua volta avere già avuto figli o essere “in avanti” con l’età, diciamo verso il periodo della menopausa. In pratica il nome stesso, “colei che sta davanti” sottende che chi fa, fa ciò che ha già vissuto; che colei che agisce è “dentro” quello che fa perché è a sua volta già stata; sancisce insomma l’imprescindibile importanza di “aver fatto quell’esperienza”. Dice quanto essere donna facesse un’enorme differenza in questa situazione. Mmmh…pericoloso vero? Avere in mano il potere di far nascere chi vive e di far vivere chi fa nascere.

Scena di parto rilievo romano di epoca imperiale – Ostia antica, Museo ostiense

Con la caduta dell’Impero Romano in Italia si assiste a un periodo di oscurità e quasi di regressione delle scienze, compresa la scienza medica, ma le levatrici, lontane dalle conoscenze “accademiche” e dalla medicina, che era solo nelle mani degli uomini, continuano imperterrite a far nascere bambini. Riuscivano, grazie al loro invisibile sapere tramandato oralmente, sempre e solo di donna in donna, a mantenere quell’importante ruolo. Le levatrici di quel periodo basavano la loro pratica sull’empirismo e sul buon senso, almeno fino a quando non si affermò la Scuola Salernitana, cioè dopo l’anno 1000. L’ostetricia era allora definita “chirurgia mistica” o anche “divina arte”. Ed ecco che, nel buio di questo periodo storico spunta Trotula!

Trotula de Ruggiero, conosciuta anche con il nome di Trottula, Trotta, Trocta o Troctula, ostetrica salernitana laureata in Sacra Medicina e Chirurgia. Laureata?!?!? Si oggi si dice così! La Scuola Medica Salernitana, sostenuta dai nobili normanni, fu la prima a conferire un titolo accademico riconosciuto in tutti i principali Paesi europei. Anche a una donna. (alle medie non avrei mai pensato che un giorno avrei rivalutato le invasioni normanne!!!). Nel pieno di un Medioevo che ci deprivava della “sapientia”, in un momento storico di buio assoluto per le donne (oggi è meno buio ma non possiamo dire di certo luminoso), schiacciate da destini obbligati che ci chiudevano in chiostri monacali, o c’incatenavano in matrimoni strumentali, sotto un cielo gravato dall’oscurantismo del pensiero misogino dei Padri della Chiesa…ecco una Luce. Ecco che stride, alta chiara e sonante, controcorrente, coraggiosa la voce di Trotula de Ruggiero. Lei, di una delle più antiche famiglie longobarde giunte a Salerno, compie regolari studi di medicina e diventa la prima donna a cui viene riconosciuta la dignità e lo status di medico, Magister, anzi più precisamente Magistra, il titolo prestigiosissimo della scuola Medica. Ma la cosa più sorprendente è che Trotula non solo studiò, ma scrisse, annotò, tramandò ogni cosa, non più oralmente, ma in modo metodico e organizzato, pensato per restare: tramandare per iscritto le conoscenze cliniche attraverso la scrittura. Fu così che scrisse il primo compendio di medicina femminile scritto da una donna di cui si abbia notizia. “De passionibus mulierum curandarum”, un trattato di medicina che segna la nascita dell’ostetricia e della ginecologia come vere e proprie scienze mediche. Tra le importanti nozioni sottolinea la necessità di suturare chirurgicamente le lesioni perineali post parto! Trotula è stata una straordinaria precorritrice di tempi. Mi chiedo come mai a scuola non ce ne parlino mai. Tutte conosciamo Galeno, Ippocrate, Linneo, ma io Trotula non l’ho mai sentita! E dire che di scienze avevo pure una professoressa! Un po’ di sostegno alla nostra forza di genere avrebbe anche potuto darla!

Pozione di more contro i dolori mestruali. Miniatura dal Codex Vindobonensis 93. Edizione dell’erbario dello Pseudo-Apuleio, miniato in Italia Meridionale nella prima metà del XIII secolo.

Nel suo trattato Trotula parla delle donne con estrema cura scientifica, conoscenza medica ma anche con speculare dolcezza, senso di protezione della loro parte più intima e con un’ empatia che sarebbe stata sconosciuta alla scienza fino agli inizi della psicologia moderna e agli scritti della Stein. Trotula, medichessa del passato e del futuro al tempo stesso, mi riempie di orgoglio femminile e di ammirazione: lei ascolta e cura e scrive. Dal XII secolo il suo trattato gira l’Europa sia nella versione originale in latino che tradotto in lingue volgari, in inglese francese, tedesco, italiano, in ebraico e anche in olandese. Vi rendete conto della portata della sua opera? E mai che ce ne abbiano parlato a scuola! (Non ho parole davvero…Per fortuna la Prof.ssa ormai è in pensione! Beh, pensandoci, forse no, visto che adesso ci si va, se va bene, a settant’anni! Aiuto!!!) Mai parlato di un saggio così importante e innovativo che, se fosse stato scritto da un uomo gli avremmo attribuito sicuramente un plauso, ma che scritto da una donna, in un’epoca in cui le donne erano “nulla”, “niente” e “nessuno”, è qualcosa di strabililante, come parlare di una luce che illumina l’oscurità e arde per autocombustione. Risplendendo senza consumarsi tra l’altro. Ma come fece?!?

Beh, uno dei motivi fu sicuramente che la Scuola Medica di Salerno fu il primo Centro di Cultura non controllato dalla Chiesa. Già, perché alla Chiesa già non piacevano le levatrici, per niente, figurarsi una Magistra! Quella Scuola era un posto incredibile, dove si cominciarono a tradurre i testi di medicina dall’arabo in latino e a rendere accessibili agli studiosi occidentali gli antichi libri degli scienziati greci. Era un luogo aperto anche alle donne: le Mulieres Salernitane. Studentesse e insegnanti come Abella, Rebecca Guarna, Mercuriade la frequentavano regolarmente e Trotula, tra queste, fu una dei suoi membri. Incredibile vero? Sembra di essere in un racconto distopico di Arthur C. Clarke: pensare a quel accadeva là in quel periodo, proprio mentre altre donne bruciavano sul rogo.

Franz, Gottfried, Woman (Witch) being burned at stake

Le lezioni di Trotula furono incluse nel “De agritudinum curatione”, una raccolta degli insegnamenti di sette grandi maestri dell’università proprio perché ebbe idee innovative sotto molti aspetti: considerava la prevenzione come fondamento della medicina e promuoveva nuovi e insoliti metodi per l’epoca, sottolineando l’importanza che l’igiene, l’alimentazione equilibrata e l’attività fisica rivestono per la salute. Una personal trainer anche!! Non ricorse quasi mai a pratiche medievali rivolte all’astrologia, alla preghiera e alla magia. In caso di malattia consigliava trattamenti dolci che includevano bagni e massaggi, in luogo dei metodi radicali spesso utilizzati a quel tempo. Un’operatrice olistica anche!! I suoi consigli erano di facile applicazione e accessibili anche e soprattutto alle donne meno abbienti. Perché Trotula offre il suo sapere anche alle povere e alle prostitute, sfida la guerra e le epidemie, cura e difende le religiose violentate, denuncia i chierici stupratori. Wonder woman che rotea su se stessa in calzamaglia è un bluff a confronto!

Le sue conoscenze in campo ginecologico furono eccezionali e la sua trattazione risulta straordinaria anche perché, per la prima volta, una medichessa parla esplicitamente di argomenti sessuali, senza alcun accento moralistico. Accanto all’elaborazione di nuove teorie nel testo si trovano numerosi esempi pratici. Poiché Trotula, a differenza delle semplici levatrici e mammane di quel tempo, aveva studiato, aveva accesso al sapere e alle conoscenze degli uomini: aveva letto di Ippocrate di Kos (460-377 a.C.) e di Claudio Galeno (129-200 d.C.), tanto da farvi riferimento nelle sue diagnosi e nei suoi trattamenti, agendo secondo l’antica concezione che in natura le caratteristiche della persona sono legate all’intero cosmo.

Nel XIII secolo le idee e i trattamenti di Trotula erano conosciuti in tutta l’Europa e facevano già parte del sapere tradizionale. Ciò che scrisse fu utilizzato come testo classico presso le Scuole di medicina più rinomate fino al XVI secolo! Ed ora il gran finale. Il trattato “De passionibus mulierum ante in et post partum”, fu edito a stampa solo nel 1544, a Strasburgo. L’opera, formata da ben 64 capitoli, contiene tutti i suoi precetti, principi e consigli, ma il tutto fu raccolto da un suo discepolo e pubblicato col nome di lui nel 1544. Alcuni vogliono che il trattato sia stato scritto da un medico posteriore vissuto probabilmente nei primi del XIII sec., ma egli stesso confessa di averlo tratto dall’opera di Trotula.

Nel XIX secolo alcuni storici, tra cui il tedesco Karl Sudhoff, negarono la possibilità che una donna avesse potuto scrivere un’opera così importante e cancellarono la presenza di Trotula dalla storia della medicina. Per lungo tempo, grazie alle levatrici, a donne come Trotula e al sapere femminile, tramandato sia oralmente che in forma scritta, si poteva parlare di obstetrices come coloro che stavano davanti. Oggi possiamo dire che questo termine, grazie all’intervento che dal XV secolo in avanti fecero i medici, esclusivamente uomini, ha cambiato senso. Ora stare davanti significa stare davanti alla vagina della partoriente. Il parto non si esegue da secoli in posizione naturale, ma coricate, sdraiate, affinché il medico possa operare meglio e più comodamente, nonostante la maggior difficoltà e il dolore provato dalla donna. Beh, fino a qualche tempo fa. Adesso abbiamo fatto un passo oltre, visto che l’Italia è al primo posto per l’utilizzo del parto cesareo “inutile”. Moltissimi parti, secondo le indagini, vengono eseguiti perché non si dà alle donne abbastanza tempo per partorire naturalmente. L’ha denunciato l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle nuove linee guida per il parto, ha eliminato l’enfasi sulla quantità di tempo in cui dovrebbe avvenire un parto naturale “normale”. Quel tempo, quello stare più avanti, che prima era misura di esperienza, vicinanza ed empatia, e non contava solo i minuti o i secondi; quel tempo “buono” che la parola stessa obstetrices conteneva in sé.

A Salerno, la sua Salerno medievale, Hippocratica Civitas, a pochi metri dai Giardini della Minerva e vicino a via dei Mercanti, dove si trovava la scuola Medica, ora c’è Via Trotula de Ruggiero. (R.F.)

SI CONSIGLIANO PER APPROFONDIRE:
“Medichesse, La vocazione femminile alla cura”, di Erika Maderna, ed. Aboca
“Trotula”: una donna, la medicina e il Medioevo di Paola Presciuttini, ed. Meridiano Zero
“Trotula il medico donna che incantò l’Europa del Medioevo”, di Flavia Amabile, La Stampa, 30 maggio 2014
FONTI:
Edward Shorter , Storia del corpo femminile, Feltrinelli 1988
Corso in Ostetricia e Ginecologia, a cura della Dott.ssa Maria Frongia, Segreteria Didattica Corso di Laurea in Ostetricia, Facoltà di Medicina e Chirurgia di Cagliari.
‘Sulle tracce di Tortula di Ruggiero’, di Maria Grosso, il Manifesto, 25 febbraio 2018
Trotula de Ruggiero e la Scuola medica salernitana (XI sec.) da: nuova storia culturale / network philosophy

IMMAGINE DI COPERTINA: Gustav Klimt, Hygenya

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