Gli straordinari viaggi di Mary Kingsley – In Africa in canoa, senza paura di stereotipi e pregiudizi maschili

Gli straordinari viaggi di Mary Kingsley – In Africa in canoa, senza paura di stereotipi e pregiudizi maschili

Gli straordinari viaggi di Mary Kingsley – In Africa in canoa, senza paura di stereotipi e pregiudizi maschili

Leggendo “Le Tre ghinee”  di Virginia, e se dico Virginia per me è sempre e solo Woolf, mi sono imbattuta in questa frase: “Proviamo a chiedere a qualcun altro, a Mary Kingsley”. Mary Kingsley? Chi era questa donna che, per il solo fatto di essere nominata da Woolf, era certamente persona di singolare rilevanza?  Forse avrei dovuto saperlo ma, a conti fatti, di noi donne si sa sempre poco. Di donne se ne parla poco e se ne scrive il giusto, quindi confesso che questa Mary Kingsley non sapevo chi fosse.

Rimedio alla mancanza. Per me, per voi e soprattutto per lei, per Kingsley.

Mary Kingsley, londinese, classe 1862, da giovane vive a Highhate, un sobborgo nella North London.

Suo padre George è medico privato di numerose famiglie benestanti, che accompagna durante i World o Europe Tour ed è quindi spesso assente per interi mesi. Quando George non c’è la famiglia conduce una vita ritirata e  Mary, essendo una femmina, non frequenta  la scuola.

Come scrive Virginia, a quel tempo si veniva educate solo per il matrimonio, e “…non era questione se sposarsi o meno, ma semplicemente chi avremmo dovuto sposare” […] Era in vista del matrimonio che veniva formata la nostra mente di donne. Era in vista del matrimonio che strimpellava il pianoforte ma non aveva il permesso di suonare in un’orchestra; che ritraeva innocenti scene domestiche ad acquarello ma non aveva il permesso di studiare dal nudo; che poteva leggere un libro ma non l’altro; che intratteneva, accattivava, affascinava. Era in vista del matrimonio che veniva educato il suo corpo; le veniva fornita una cameriera; le venivano precluse le pubbliche vie e i prati; le veniva negata la solitudine: tutto questo perché potesse conservare intatto il suo corpo per il marito. In breve, l’idea del matrimonio influenzava le sue parole, i suoi pensieri, i suoi gesti. E come avrebbe potuto essere altrimenti? Il matrimonio era l’unica  professione che le fosse aperta “. Eppure Mary Kingsley si sottrae a questo destino. Come? Per aiutare il padre nella sua passione per l’antropologia le viene “concesso” di imparare il tedesco. Così, nella penombra della biblioteca paterna Mary diventa una lettrice vorace: si interessa di storia naturale, scienze e letteratura di viaggio.

Nel 1879, la famiglia si trasferisce a Bexleyheath, nel Kent, e nella primavera del 1886 a Cambridge, dove il fratello di Mary (essendo un maschio è il minimo) frequenta il Christ’s College. Mary ovviamente no. Può solo allacciare amicizie nella comunità accademica. Ma ciò le basta ad ampliare i suoi orizzonti. Quando, nel 1888, un’amica di famiglia la invita a seguirla  a Parigi, Mary assapora l’ebrezza del viaggio e durante i quattro anni successivi in cui deve dedicarsi alla cura della madre malata, afflitta da paralisi, non dimentica quel sapore né quella sensazione. Le rimane scolpita nella carne e nella memoria. Così, quando nel febbraio del 1892 il padre, rientrato da un viaggio con febbre reumatica muore, e dopo sole cinque settimane anche sua madre, Mary  è  triste ma anche libera. Per quanto libera potesse essere una donna a quei tempi. Sollevata dalle sue incombenze e con una rendita di 500 sterline annue, a dispetto delle 50 che al massimo ricevevano le donne benestanti, Mary adesso ha un futuro. Un futuro suo, che può costruirsi da sola. Finalmente può  viaggiare! Intraprende un primo breve viaggio alle Canarie, dal quale ritorna ritemprata nello spirito e piena di iniziativa. La curiosità verso il continente  africano, che era stato uno dei soggetti principali nelle sue giornate a leggere e fantasticare in biblioteca, non l’abbandonerà mai più.

Nel 1893, decide: parte da sola per l’Africa. Sì, proprio così: l’Africa con tutta la sua bellezza sconosciuta e  i suoi rischiosi misteri. Parte da sola,  dettata da una saldissima autodeterminazione e grande coraggio. Il 17 agosto giunge a FreetownSierra Leone e si dirige verso Luanda. Arrivata a Cabinda ci resta due settimane, e raccoglie una quantità di materiali che le serviranno poi per scrivere l’introduzione del libro Notes on the Folk Lore of the Fjort-French Congo (1898) di Richard E. Dennett. Poi Mary ritorna a Liverpool. Ma i campioni che ha raccolto durante questo primo viaggio suscitano grande interesse nella comunità scientifica, e tra gli etnologi in particolare. Determinata a condurre ricerche più approfondite, Mary contatta il curatore del reparto di zoologia del British Museum, che le fornisce maggiori conoscenze per raccogliere altri campioni e contemporaneamente ottiene l’incarico da parte dell’editore George Macmillan di scrivere un libro sull’ Africa occidentale. Il 23 dicembre del 1894 è pronta: salpa da Liverpool diretta a Calabar , attuale Nigeria, dove rimane per circa quattro mesi per assistere la popolazione colpita da un’epidemia di vaiolo. In aprile, per studiare le tribù cannibali, intraprende un viaggio di un mese nell’entroterra, dirigendosi verso il Gabon: risale il fiume Ogooué fino Lamberéné con una nave a vapore, e raggiunge una missione statunitense a Talagouga.  Da qui prosegue in canoa fino alle cascate di Ndjolé. Semplicemente sorprendente. Una donna, vestita da londinese di quei tempi,  in gonnellona e sempre di nero, se ne va in canoa su  un fiume nel bel mezzo dell’ancora poco esplorato e insidioso continente africano. Che immagine fantastica. Kingsley nei suoi libri mostra uno spiccato senso dell’humor. Racconta del  giorno in cui, mentre si trovava da sola nella foresta a catturare degli insetti, vede un gruppo di indigeni con il corpo colorato che indossano collane di ossa e conchiglie. Subito si nasconde ma viene individuata e catturata: sono cacciatori di scimmie, la cui tecnica consisteva nell’attirare gli animali con gli oggetti con cui si adornavano, facendo perno sulla loro innata curiosità. Mary ha paura, teme per la sua vita, ma gli indigeni si limitano a condurla sotto un grande albero pieno di scimmie, perché pensano che il suo bizzarro abbigliamento costituisca un’esca irresistibile! Kingsley prosegue fino al fiume Remboué mettendo in fuga gli ippopotami  punzecchiandoli con l’ombrellino e discende fino a Libreville.  E qui si avventura nel Congo francese, attraversa una parte dell’area dei Fang, tribù nota per praticare il cannibalismo, e luogo fino ad allora mai raggiunto da alcun europeo.  Europeo, al maschile.

Di questa tribù  dirà: “Tra me e i Fang è sorta subito una specie di amicizia. Riconosciamo entrambi di appartenere alla stessa famiglia della razza umana, con cui è meglio bere insieme che combattere.”

Ecco. Il senso di cercare un’ appartenenza, non a un popolo definito, a una comunità particolare e distante, bensì il senso di appartenere insieme all’umanità. L’idea di chi viaggia non per dominare o educare, per imporre una cultura ma per accertare una connessione, per consolidare una vicinanza.

Sul fiume Ogooué scampa all’ attacco di un coccodrillo prendendolo a colpi di remo e arriva fino al lago Ncovié, dove raggiunge territori inesplorati fino a quel tempo dagli occidentali. Fa incontri ravvicinati con gorilla, leopardi e molte altre specie esotiche. Mary è anche la prima donna europea a raggiungere la vetta del monte Camerun, a 4.100 metri di quota. E siccome  l’ascesa del Monte Camerun è già stata fatta, decide di conquistarlo seguendo una difficile via, mai percorsa prima di allora da altri europei. Un nuovo record. Tutto suo.

Le servono soldi però per tutto questo, così Kingsley allaccia contatti con le popolazioni indigene e s’improvvisa commerciante: di gomma, avorio, tabacco e altri beni di produzione locale. Quando torna a Londra Mary ha una collezione d’insetti, molluschi e piante vastissima, diciotto specie di rettili, e sessantaquattro specie di pesci, tre delle quali completamente ignote ed alle quali – a differenza di quel che accade alla collega paleontologa Mary Anning e al suo ittiosauro -viene dato un nome a lei dedicato (Brycinus kingsleyaeBrienomyrus kingsleyae e Ctenopoma kingsleyae). Oltre a questi  campioni riporta in patria un grande quantitativo di precisi ed accurati appunti che costituiranno la base per i suoi libri, articoli e conferenze.

Quando Mary, dopo due anni, rientra in Inghilterra, è il 30 novembre del 1895. La curiosità della stampa per un viaggio che sarebbe stato coraggioso, solitario e non convenzionale “anche per un uomo”, suscita un enorme interesse. Kingsley  inizia a scrivere Travels in West Africa, dove racconta come si è confrontata senza paura con l’ignoto e con il diverso, superando pregiudizi eurocentrici e stereotipi maschili. Un’ analisi attenta del suo resoconto di viaggio mette in luce come per lei l’esplorazione delle paludi della costa occidentale che si affaccia sul Golfo di Guinea, e dei territori interni del Cabon, corrispondano a una vera e propria indagine sull’identità femminile. Mary trascorre i tre anni successivi a scrivere articoli e a tenere conferenze. Incredibile per una donna a cui era stato solo concesso di studiare il tedesco e mai frequentare un College! Per capire quanto sia stata l’eccezione che conferma la regola, basta dire che le sue conferenze sono sempre e solo frequentate da relatori uomini: nella prima, del 1896, alla Scottish Geographical Society, così come alla Liverpool Geographical Society.

Mary è stata davvero una grande Donna, ora è chiaro il perché Virginia la citi, conferendole un’autorevolezza del tutto meritata. Durante queste conferenze prende una posizione critica nei confronti dei missionari della Chiesa Anglicana, a proposito del loro operato nei confronti degli indigeni che cercano di convertire. Critica l’influenza negativa, esercitata sull’opinione pubblica, delle idee spesso preconcette dei missionari. Ovviamente questo non la rende popolare. Difende pubblicamente gli usi locali delle popolazioni africane tra i quali la poligamia, sostenendo che la sostituzione di un’ordinata poligamia con una disordinata monogamia avrebbe condotto questi popoli alla degradazione. Così come critica l’affermarsi di una morale coloniale, “importata” e non radicata sulla morale delle tradizioni e religioni locali. Eh sì, Kingsley precorre i suoi tempi. Mary scrive e sostiene che un nero non è un bianco sottosviluppato più di quanto un coniglio non sia una lepre sottosviluppata. Ciò non appartiene allo spirito dei tempi. Crea imbarazzo anche alle associazioni proibizioniste la sua difesa del commercio di alcolici in Africa. Il suo primo libro è un successo e Mary inizia a scrivere il secondo, West African Studies, che viene pubblicato nel 1899.

Il 18 marzo del 1898, in occasione del sanguinoso soffocamento della rivolta in Sierra Leone,  scrive una lettera al periodico The Spectator, nella quale esprime la sua critica sull’amministrazione delle colonie africane: secondo lei l’introduzione della hut-tax, che ha appunto scatenato la rivolta, è incompatibile con gli usi e i sistemi giuridici locali. Viene invitata dal Colonial Office a proporre un metodo alternativo e Kingsley risponde dicendo che l’amministrazione coloniale non può essere affidata solo a funzionari coloniali, avulsi dall’ambiente, ma va affidata anche ai conoscitori degli usi e delle tradizioni: in prima istanza ad antropologi e etnologi, che a suo parere devono essere assolutamente coinvolti  in quanto molto preparati e senza alcun interesse diretto nelle colonie; e anche ai commercianti, che sono i migliori conoscitori degli usi locali e che a suo parere vanno coinvolti nelle decisioni amministrative.

Di queste controversie la sua salute ne risente molto e va lentamente deteriorandosi. Ma Kingsley ha l’Africa nel cuore e l’occasione per tornarci arriva con lo scoppio della guerra Anglo-Boera. Parte subito e l’11 marzo del 1900 è a Città del Capo. Qui si offre volontaria per l’assistenza ai feriti e viene inviata al Simon’s Town Palace Hospital per assistere i prigionieri di guerra boeri, la maggioranza dei quali è ammalata di tifo. Dopo soli due mesi la febbre tifoide, che cura nei suoi pazienti, contagia anche lei. Mary muore. È il 3 giugno del 1900.

E siccome era una vera viaggiatrice, non la troveremo mai cercandola in un cimitero. Possiamo vederla forse poggiando lo sguardo all’orizzonte, quando guardiamo il sole scendere in mare, o immaginarla correre sulla schiuma di un’onda che si alza verso il cielo.

Seguendo le sue ultime volontà, il corpo di Mary fu sepolto in mare, nelle acque  del suo amato continente africano.

 

BIBLIOGRAFIA

– Le tre ghinee, Virginia Woolf, Feltrinelli 2021

– La signora delle paludi. Identità femminile e cronaca di viaggio in “Travels in West Africa” di Mary Kingsley di Nicoletta Brazzelli ,Tirrenia Stampatori, Torino 2001

– Mary Kingsley, una regina d’Africa vestita di nero https://caffebook.it/2019/03/08/

https://it.wikipedia.org/wiki/Mary_Kingsley

 

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